Repertorio informatizzato delle fonti documentarie e letterarie della Sardegna

Repertorio informatizzato delle fonti documentarie e letterarie della Sardegna

Secolo XIII – XXX

Il giudice Trogodorio de Unali con la sua moglie Benedetta di Lacon dichiara e conferma una donazione già fatta dal giudice Pietro alla chiesa di S. Giorgio di Suelli, della quale il vescovo Trogodorio avea dato anteriormente le prove testimoniali al giudice Barisone nella corona (letto di giustizia) da lui tenuta nel villaggio di Quarto, ricevendone quindi il corrispondente diploma (carta bullada) di concessione, e di approvazione (1).

(1215, 30 settembre).

Dall’Archivio Arcivescovile di Cagliari (2).

Ego Jugi Trogodori de Unali cum Donna Benedicta de Lacon muliere mia peri boluntade de Donnu Deu potestandu parte de Karalis assolbullu a Donnu Trogodori su piscobu miu de Suelli ad fagirisi carta inco bolit. Et ego Trogodori per issa mia (3) de Deu piscobu de Suelli cum lebando assoltura daba su Donnu miu Jugi Trogodori de Unali, et daba sa donna mia Donna Benedicta de Lacon ki mi la castigit donnu Deu balaus annus et bonus fazzumi carta per beni  ki fegit Jugi Pedru de Pluminus (4) ad Scu Jorgi de Suelli su donnu miu pro s’anima sua et de filias suas dedilli su cantu habeat in Senorbi et in Castania serbus, et ankillas et binias, et terras, et saltus et aquas, et omnia cantu si habeat. Ad pustis cussas ambas domus ki fudi paru sun dessa compara ki fegerat a donnu Gantini Spanu illu habeat binkidu a donnu Barisone de Serra de Cabadura; et habendus illas custas domus Scu Jorgi su donnu miu in delli pidii merkei  assu donnu miu Juigi Barisoni, et ad sa donna mia sa muliere ki mindi fagirunt carta bullada prollas segundu in eo furun dadas ad Scu Jorgi su donnu miu. Et ca non di furunt issus sigurus de custa dadura kerfirunt mindi beridadi comenti illas habeat Scu Jorgi custas domus. Et ego batusindi lierus majoralis a donnu Mariani Dezori orlandu, et a donnu Johi de Serra daluda, et a donnu Saltaro de Unali corrogla (5), et a donnu Turbini de Siiki, et a Mariani Dezoli de Orzokesus, ki iurarunt ad bangeliu de Deu ante Juigi in sa billa de Quartu ad corona de Scu Miali (6) ca custas ambas domus Juigi Pedru illas habeat dadas sendu in Pluminus ad Scu Jorgi de Suelli pro s’anima sua, et de filias suas. Et pusco connoskisit beridadi bullarunt mindi custa carta, et affirmarunt millas custas ambas domus de Senorbì et de Castania cum omnia cantu si pertenit ad pustillas ki sindi appat pe scu Jorgi su donnu miu cantu adi durari su mundu. Et in di iurarunt custus liberus killas habeat dadas custas domus Juigi Pedru ad Scu Jorgi fudi testimoniu donnu Mariani su piscobu de Zulchis (Sulchis), et donnu Barisoni de Serra passagi, et donnu Furadu de Zori Zurrupis. Et sunt testimonius Barisoni de Serra passagi, et Comida de Serra de frailis, et Mariani de Zorri orlandu. Et est facta custa carta anno Dni MCCXV. II kal. octubr. habendosilla Juigi a manu sua sa Curadoria de Campidanu pro logu Salbadori. Et killaet devertere habeat anathema daba Pater…et sorte hat cum Juda proditore in inferno inferiori, amen.

NOTE

(1) Se si volesse prestare intiera fede alle antiche cronache sarde, le quali danno a Benedetta di Lacon tre mariti, Pietro, Parasone o Barisone, e Torchitorio, sarebbe quest’ultimo (terzo di tal  nome nel regno cagliaritano) colui, che confermò con la presente carta la donazione fatta dal giudice Pietro alla chiese di S. Giorgio di Suelli. Ma in questo caso la data della carta sarebbe evidentemente errata, come errate sarebbero del pari le altre due date del 1216 e 1219 apposte ai diplomi N° XXXII e N° XLII, che riportiamo qui appresso, appartenenti ai medesimi Benedetta e Torchitorio, perché in detti anni Benedetta di Lacon regnava indubitatamente in Cagliari col suo marito Parasone o Barisone di Arborea, come si raccoglie dai monumenti istorici indicati più sotto nella presente nota. E lo stesso errore di data dovrebbesi dir corso in altre carte della medesima Benedetta e di Torgodorio, ch’esistevano nell’Archivio Arcivescovile di Cagliari, alle quali accenna il Fara nel suo libro II De rebus sardois, e che sono in gran parte riportate dal P. Aleo nelle precitate su Storie mss. di Sardegna, specialmente nelle tre, che portano la data del 21 marzo, e 24 aprile 1217, e 8 maggio 1218, nelle quali si legge – Iudigi Torgotori de Unali cum mulieri mia donna Biniita de Laccon. – Per quanto sembri improbabile il triplice matrimonio di Benedetta nella deficienza assoluta di documenti, che constatino le sue prime nozze con Pietro, egli è però un punto assai arduo ed oscuro della storia sarda il definire con certezza, se il Torchitorio, cui appartengono questo e gli altri diplomi sovra citati, sia stato un secondo marito di Benedetto, ovvero una stessa persona col suo primo marito Parasone o Barisone, il quale abbia usato col proprio anche l’altro nome di  Torchitorio, portato da alcuni giudici suoi antecessori. Il Manno (Stor. di Sardegna, Tom. II, pag. 305-306-307-308) abbracciò quest’ultima opinione, e noi pure la seguimmo, notando per altro che a ciò c’inducevano le ragioni addotte da quell’illustre istorico, finché altri archeologi sardi non spargessero maggior luce sopra questo intricato periodo della storia di Sardegna (Ved. Tola, Dizion. biogr. dei Sardi illustri, vol. I. pag. 125. Not. (1), Vol. II. pag. 152, e Vol. III. pag. 261). Ora, rivocando a più maturo esame questa materia, troviamo anzi tutto due difficoltà, le quali escluderebbero la identità della persona di Parasone o Barisone con quella di Torchitorio. La prima ci si presenta in questa stessa carta, in cui dichiaratamente si legge, che il giudice Barisone con la sua moglie avea anteriormente riconosciuto con prove testimoniali la verità della donazione fatta dal giudice Pietro, e che perciò ne avea spedito a Trogodorio vescovo di Suelli il corrispondente diploma (carta bullada). Dice infatti lo stesso vescovo: et habendus illas custas domus Sanctu Iorgi su donnu miu, inde illi pidii merkei assu donnu miu Iuigi Barisoni, et ad sa donna mia sa muliere, ki mindi fagirunt carta bullada, etc., con quello che segue, relativo ai testi presentati dal vescovo, ed esaminati da Barisone sulla verità del fatto, ossia della donazione del giudice Pietro. Dal che si deduce evidentemente, che Barisone giudice, di cui il vescovo di Suelli parlava in tempo già passato, era una persona diversa da Torchitorio, che dichiarava e confermava di presente la donazione medesima. La seconda difficoltà la ritrovo nella circostanza, che dei due Torchitorii, antecessori di Parasone nel giudicato cagliaritano, il secondo soltanto di tal nome chiamavasi pure Mariano, come risulta da quattro diplomi, che riportammo più sopra fra quelli del secolo XII (Ved. sopr. Dipl. e Carte del Secolo XII. Ni III. IV. VI. e XXIX. pag. 178-179-181 e 201); ma egli lo dichiarò negli stessi diplomi, nei quali si legge: Torchitor, qui proprio nomine Marianus vocor: Torchitor de Lacono, qui et Marianus: Torchitor de Lacono, qui proprio nomine Marianus vocor: Iudice Trogotori de Gunale, qui Marianus vocor. Ora, se Parasone o Barisone avesse mutato, o congiunto questo suo vero nome coll’altro di Torchitorio, sembra naturale che lo avesse accennato in qualche suo atto (del che però non si ha traccia veruna), come fece appunto il di lui antecessore Mariano o Torchitorio II; tanto più che quel nuovo nome lo avrebbe assunto per la sola ragione di essere diventato giudice di Cagliari in virtù del suo matrimonio con Benedetta di Massa, la quale per tali nozze prese pure il cognome di Lacon, ch’era quello di suo marito, e della dinastia allora regnante in Arborea. Se a ciò si aggiunga l’autorità delle antiche cronache sarde, e l’autorità del Fara, che le avea consultate nei loro originali (Condagues), e parla esplicitamente di un secondo marito di Benedetta, per nome Torchitorio, si avranno molti gravi motivi per dubitare, che il Torchitorio (III), e Parasone o Barisone, dei quali parliamo, fossero una sola e medesima persona. Ma se erano due persone diverse, come allora si potrebbero conciliare sotto le stesse date del 1215, 1216, 1217, 1218 e 1219 sovra riferite due mariti diversi di Benedetta, Torchitorio cioè e Parasone? Imperocchè bisogna ritenere, che l’ultimo atto che si conosca, riferibile a Guglielmo I marchese di Massa, giudice di Cagliari, e padre di Benedetta, è del 3 settembre 1211 (Ved. sopr. N° XXV. pag. 319). Benedetta, dopo la di lui morte, che accadde verosimilmente nel 1213, o 1214, ebbe il governo del giudicato cagliaritano. Essa stessa lo accerta in una sua lettera diretta nel 1217 a Papa Onorio III (Ved. infr. N° XXXV. pag. 329), nella quale racconta tra le altre cose, come dopo la morte di detto suo padre fosse stata eletta solennemente dal clero e dal popolo giudicessa di Cagliari, e come non molto tempo dopo si fosse sposata a Parasone, figlio di Pietro regolo di Arborea, ed avesse prestato assieme al suo sposo l’omaggio dovuto alla chiesa Romana in mani dell’arcivescovo cagliaritano. Quest’atto di omaggio porta la data del 18 novembre 1215, come si ricava dal catalogo delle carte esistenti nell’Archivio di detta chiesa Romana pubblicato dal Muratori, nel quale alla col. 118 si legge: Homagium Parasson marchionis Massae et iudicis Kalaritani, et Benedictae ejus uxoris, praestitum Episcopo Kalaritano, recipienti vice, et nomine Innocentii Papae, et Sanctae Romanae Ecclesiae. Actum in villa Scanigliae (forse castello di Sant’Igia), in palatio Episcopi Kalaritani, anno Domini MCCXV, quarto decimo kalendas decembris, cum bulla plumbea dicti ducis. (Murator. Antiq. Ital. Med. Aev. Tom. VI. Dissert. LXXI. col. 75.). Nella stessa lettera Benedetta parla di suo marito Parasone come vivente in quell’anno 1217; sicchè, a partire dal 1215 fino al 1217 è impossibile attribuirnele un altro. Non conosciamo altri documenti che facciano ricordo di Parasone nel 1218, 1219, e negli anni seguenti. È però certo, ch’egli era già morto nel 3 dicembre 1224, poiché nel diploma di questa data pubblicato dal Muratori (Antiq. Ital. Tom. VI. Dissert. LXXI, col. 7-8. – Ved. infr. N° XLV. pag. 338), contenente l’atto nuovo di omaggio e di vassallaggio prestato alla chiesa Romana da Benedetta di Massa, costei comparisce già vedova, e sola signora degli stati cagliaritani. Dal finquì detto risulta chiaramente, che dal 18 novembre 1215 per lo meno fino al 3 dicembre 1224 Torchitorio III non può essere stato marito di Benedetta. E tuttavia, non potendosi dire apocrifi i diplomi sovra citati del 1216, 1217, 1218 e 1219 conservati nell’Archivio Arcivescovile di Cagliari, perché concordanti con le antiche cronache sarde consultate dal Fara, il quale usò di molta critica nelle sue narrazioni, e citò pur anche i diplomi medesimi, l’unica via, che rimarrebbe a sciogliere l’accennata difficoltà istorica, sarebbe quella di dire, che vi è errore nella data, per causa forse degli amanuensi che levarono le copie degli atti originali. Ammesso quest’errore, e supposto che li detti atti originali fossero di data posteriore al 3 dicembre 1224, sparirebbe ogni difficoltà, e potrebbero benissimo conciliarsi Parasone, e Torchitorio, quello come primo, e questo come secondo marito di Benedetta. È questa una semplice conghiettura, che noi facciamo; né vogliamo insistervi davvantaggio, lasciando che gli eruditi, o qualche fortunata scoperta di nuovi documenti la confermino, o la distruggano.

(2) Anche questo diploma è riportato dall’Aleo nelle citate sue Storie mss. di Sardegna. Recentemente lo pubblicò lo Spano, Ortografia Sarda, Part. II. pag. 91.

(3) mia; abbreviatura di misericordia.

(4) Pluminus è nome di luogo, come si ricava da quanto si dice più sotto in questa carta medesima, – che i testi cioè fatti comparire dal vescovo Trogodorio alla presenza del giudice Barisone nella corona da lui tenuta nella villa di Quarto aveano giurato, che il giudice Pietro avea donato le due case, delle quali si parla nel presente documento, per l’anima sua, e per quella di sue figlie, a S. Giorgio di Suelli, trovandosi in Pluminos (ca custas ambas domus Iuigi Pedru illas habeat dadas sendu in Pluminus ad sanctu Iorgi de Suelli pross’anima sua, et de filias suas). E forse perché il luogo (villa, casa o castello) di Pluminos era quello dell’ordinaria residenza del giudice Pietro, costui si chiamava Jugi Pedru de Pluminus.

(5) Corrogla. Sembra che fosse un sopranome di Saltaro de Unali; e credo così pure, che Orlandu e Daluda fossero sopranomi di Mariano Dezori, e di Giovanni Serra, come Passagi di Barisone de Serra, Zurrupis di Forato de Zori, e De frailis di Comita de Serra, ricordati nella qualità di testi nel presente atto.

(6) Corona de Scu Miali; ossia Corona di S. Michele, tenuta cioè nel giorno 29 di settembre, festivo in commemorazione di quel santo arcangelo. Le corone erano una specie di assisie giudiziali, che gli antichi regoli Sardi tenevano in certi determinati tempi dell’anno, allorché visitavano i luoghi soggetti alla loro giurisdizione, e nelle quali si rendeva giustizia ai sudditi così nel civile, come nel criminale. Chiamavansi corone, perché i giudici sedevano in giro, o perché assistevano la corona, simbolo della sovranità del regolo, nel giudicare. Questa utile instituzione rimonta in Sardegna alla prima metà del secolo XII, e sembra esserne stato primo autore il famoso Gonnario II di Torres (Ved. sopr. Diplomi e Carte del secolo XII. cart. N°LX. pag. 218. not. (4)). Fu poi trasfusa con forme più regolari nel Codice degli statuti dell’antica repubblica di Sassari, e quindi nel Codice (Carta de Logu) della celebre Eleonora di Arborea.