Adelasia regina di Torres e di Gallura, dichiarando nuovamente di riconoscere il supremo dominio della Chiesa Romana sul regno Turritano, di cui avea ricevuto la investitura dal Legato Pontificio, si obbliga a nome proprio, e pe’ suoi successori, di pagare in perpetuo alla stessa Chiesa Romana l’annuo censo di quattro libbre di argento, e rinnova il patto di riversibilità di detto regno alla Sedia Apostolica, laddove essa dichiarante, o i di lei figli muoiano senza legittima discendenza.
(1237, 3 maggio).
Dal Muratori, Antiq. Ital., Tom. VI. Dissert. LXXI.
In nomine Domini nostri Iesu Christi. Hoc est exemplum etc.
In nomine Domini. Amen. Anno Domini millesimo ducentesimo trigesimo septimo, indictione XI. tempore domini Gregorii IX. Papae, anno XI. tertia die exeunte mense maji. Pateat omnibus manifeste, quod domina Adelasia Regina Turritana et Gallurensis, sponte et bona voluntate recognoscens dominium et proprietatem iudicatus Turritani ad Romanam Ecclesiam pertinere, a qua et pro qua publice est confessa se habere, tenere, et possidere: cuius investitionem eadem domina Turritana recepit per manus Magistri Alexandri Capellani et Legati Apostolicae Sedis; propter quod promisit singulis annis nomine census solvere et dare quatuor libras boni argenti Ecclesiae Romanae, vel eius certo nuntio (1). Ad cuius solutionem se suosque heredes legitimos et successores perpetuo obligavit. Praeterea statuit et firmiter ordinavit, ut si absque legitimis filiis moreretur, tota terra iudicatus Turritani ad Romanam Ecclesiam, cuius est, libere revertatur. Et similiter si filii eius sine filiis decederent, dicta terra iudicatus Turritani ad Sedem Apostolicam devolvatur.
Actum in palatio regni Turritani de Ardera, coram subscriptis testibus, videlicet domino Iohanne Episcopo Gisarcliensi (2)… Abbate de Saccaria, domino Lamberto Abbate de Falesia, Iohanne Maiore de Camera, Benedicto Clerico de Alatro, Magistro Benencasa Canonico Sancti Michaëlis Lucani, et aliis multis.
Ego Gregorius, sacrosanctae Romanae Ecclesiae Scriniarius, hoc instrumentum de mandato etc.
Et ego Nicolaus Ferentinus, sanctae Romanae Ecclesiae etc.
NOTE
(1) Il censo annuo di quattro libbre di argento a favore della Chiesa Romana esisteva sul giudicato di Torres fin dal precedente secolo XII (Ved. supr. Dipl. e Cart. del Secolo XII. N° CXLII. Pag. 277).
(2) Né in questo, né negli altri precedenti diplomi di Adelasia, in data 3 marzo, 8, e 14 aprile 1237, che riportammo più sopra, spediti tutti nella reggia, o palazzo regio di Ardara, si vede mai sottoscritto l’arcivescovo di Torres, benché pare che avrebbe dovuto sottoscriverli, dal momento in cui v’interveniva come teste il vescovo di Bisarcio (Gisarcliensis) suo suffraganeo. Non possiamo renderci ragione di tale assenza, né crediamo possa essere quella insinuata dal Mattei nella sua Sardinia Sacra (pag. 155), laddove parlando di Opizzone, che lo storico Vico dice nativo di Genova, ed eletto arcivescovo di Torres nel 1230, esce in queste parole: Si qua Vico fides. Imperocchè, non solo è certo, che Opizzone fu eletto arcivescovo della Sede Turritana nel 1230, come lo prova il diploma di Ottone arcivescovo di Genova citato dal Vico (Ved. Mattei loc. cit.), ma è certo eziandio, che lo stesso Opizzone era tuttavia arcivescovo di Torres nel 1237, giacché nel 9 agosto di tale anno egli intervenne col patriarca Gerosolimitano, col suddetto arcivescovo Ottone, e con altri arcivescovi, e vescovi, alla consegrazione di tre altari, e del cimitero di S. Siro in Genova (Ved. Monum. Hist. Patr., Tom. I. Chartar. Pag. 1355).