Repertorio informatizzato delle fonti documentarie e letterarie della Sardegna

Repertorio informatizzato delle fonti documentarie e letterarie della Sardegna

Secolo XI – XIII

Nicodemo vescovo di Bisarcio scrive nel Condague (cronaca) di s. Antioco tutti gli acquisti da lui fatti a favore della stessa chiesa.

(…(1)).

Apografo Simoniano esemplato dall’autografo della Chiesa di Bisarcio, il quale esisteva nell’archivio della chiesa metropolitana di Sassari (2).

Ego Nicodemus Ep.us ciponio in ecustu condace de santu Antiochu de Gisarchu (3) paratu cantu bi feci comporai saltu in legia et incuniatu introsicu a Dorben Lizor de Nugor et a Dorbeni (4) de ederatas de III porcos (5) et ego deilis (6) unu sott. de berbece (7) et sott. de pannu. e novellu (8) in sott. e III…(9). Comporaili…(10) et a Iuhanne Muncu (11) comporaili saltu de I porcu (12) et ego deitili (13) unu maiale (14) comporaili a Marcusa de Ostianu (15) cum boluntate dessos fiios (16) saltu de VII porcos et deitili II sott. de pannu et unu boe domatu (17) in III sott. (18) et II maiales…et…sott. de labore (19) et benin ympare I et II sott. (20) eco custu parai inter legia e cuniatu introsicu e calcaria a santu Antiochu (21) avendelu a destimoniu primus deus omnipotens deinde iudice Mariane (22) et Petru de centu istabla e fratre suo (23) et Gunnari Deussi (24) et ego piscopu Nichodemu cum tota iscolca mea (25) et Comita de Orbei (26) cum tota iscolca sua testes.

NOTE

(1) Sebbene questa carta non abbia data, appartiene però manifestamente alla seconda metà del secolo XI, perché vi è nominato il giudice Mariano, il quale non può essere che il primo di questo nome, che regnò in Torres. Infatti il vescovo Nicodemo e l’altro, vescovo Gavino, cui appartiene il seguente documento XIV, sono anteriori di tempo non solamente al vescovo Mariano Thelle, che visse nella prima metà del secolo XII, ma eziandio a Costantino Madrona, che il Vico colloca primo tra i vescovi di Bisarcio nel 1102.

(2) Così trovasi annotato nell’apografo Simoniano (cioè dell’arcivescovo di Sassari D. Giambattista Simon) da me posseduto. Ma per quante ricerche abbia io fatte nell’archivio della cattedrale di Sassari, non mi riuscì trovare l’autografo, il quale forse perì con tante altre carte preziose che in quell’archivio erano custodite.

(3) Ecco un vescovo di Bisarcio ignoto al Mattei, ed a tutti gli scrittori di cose sarde. Quindi la esistenza della sedia vescovile bisarchiense rimonta alla seconda metà del secolo XI.

(4) Sono qui riferiti i nomi di due venditori. Il primo è Dorbeno ossia Torbeno Lizor di Nugor: il secondo un altro Dorbeno, di cui è taciuto il cognome. Nugor sembra nome di paese, e benché materialmente si possa intendere per l’attuale città di Nuoro, inclino tuttavia a credere che con tale nome sia indicato il villaggio di Nughedu, il quale è poco distante dall’antica ed ora distrutta città di Bisarcio.

(5) Con questa espressione è indicata la capacità, ossia l’estensione del terreno comprato, il quale aveva la superficie de ederatas de III porcos, cioè quanta potea bastare al pascolo di III porci (animali) per un giorno. Ederatas corrisponde all’italiano mangiate (plurale di nome), e deriva dal verbo latino edo edis.

(6) Deilis, sincope dal latino dedi illis.

(7) Berbece, cioè pecora, del valore di un soldo (d’argento).

(8) Novellu (attualmente i Sardi pronunziano noeddu), cioè bue di terza età, che ha passato gli anni di vitello e di giovenco.

(9) Qui manca probabilmente la parola dinaris (danari) complemento del valore del novello, ch’era di un soldo e di tre danari. Riassumendo le diverse specie date in pagamento dal vescovo Nicodemo, si ricava, che il terreno in cui poteano pascere per un giorno tre porci, fu da lui comprato per tre soldi di argento e tre danari.

(10) Manca la indicazione della cosa comprata.

(11) Cioè Giovanni Monco, forse così chiamato perché mancasse di qualche mano o l’avesse storpiata.

(12) Indicazione di capacità del terreno (ved. la nota precedente).

(13) Deitili, ossia dedi illi (lat.).

(14) Porco castrato, che i contadini sardi sogliono allevare ed ingrassare, o per usi domestici, o per vendere nella stagione invernale.

(15) Ostianu sembra il nome della patria di Marcusa, e forse anche il cognome di costei, derivato dal luogo di sua nascenza.

(16) Con volontà, ossia col consenso dei figli. Nella parola fiios si scorge subito il latino filios.

(17) Bue domito.

(18) Si noti, che il bue da lavoro valeva allora tre soldi, mentre il novello costava un soldo e tre danari, come si è veduto più sopra.

(19) Labore. Qui deve intendersi per grano, od orzo, che i contadini sardi usano ancor oggi indicare col nome complessivo di laore (labore), significando metaforicamente il frutto raccolto dalla terra da essi lavorata.

(20) Qui è riepilogato il valore, o la somma del valore delle diverse specie date dal vescovo Nicodemo per l’acquisto dei terreni contemplati nella presente carta. Tal valore o somma è riassunto in una lira e due soldi. E sebbene nel documento sia ora leggibile la sola cifra complessiva di soldi otto e tre danari, tuttavia ponendo mente alle lacune esistenti che contenevano la indicazione del valore delle altre specie, si deve inferire che in tali lacune erano, senza meno, indicati i soldi tredici e nove danari ora mancanti.

(21) S. Antioco di Bisarcio nell’agro ozierese.

(22) Mariano I, giudice o regolo di Torres, figlio di Andrea Tanca e nipote di Barisone I, dei quali si è parlato nei documenti VI e IX.

(23) Due notabili di Torres, e forse congiunti del regolo Mariano, cioè Pietro di Centostable e suo fratello.

(24) Gonnario de Ussi, altro notabile della provincia turritana.

(25) Cum tota iscolca mea, cioè cogli uomini da me dipendenti, ovvero abitanti nel circondario, nel luogo di mia giurisdizione.

(26) Comita de Orbei sembra qualche personaggio notabile di altra provincia limitrofa (de Orbei), avente giurisdizione propria, poiché appresso si fa menzione degli uomini della sua iscolca.