Repertorio informatizzato delle fonti documentarie e letterarie della Sardegna

Repertorio informatizzato delle fonti documentarie e letterarie della Sardegna

Secolo XVII – LV

Tassa Innocenziana del foro ecclesiastico nelle materie spirituali, o vero dichiarazione sopra quelle cause, e materie ecclesiastiche e spirituali, nelle quali nel foro ecclesiastico et episcopale non si può, nè si deve esigere emolumento alcuno, ecceto quello che si dichiara per il solo cancilliero con la riforma de gli abusi contrari (sic).

(1678. – 1.° ottobre).

Dall’Archivio arcivescovile di Sassari.

  1. Essendovi avuto ricorso alla Santità di Nostro Signore Innocenzo XI per molti vescovi, arcivescovi, et altri prelati zelanti, acciò per sicureza della loro consienza e per togliere ogni ocasione di dubbio, che potesse nascere dalle diverse consuetudini delle diocesi, et anche acciò non siano ingannati da loro vicari, cancellieri, et altri ministri e famigliari si stabilisca una tassa generale et uniforme per il foro episcopale, o vero eclesiastico, ne mancando i ricorsi de cleri e de popoli, à perciò la Santità sua deputato una congregazione particolare di due signori cardinali preffeti della congregazione d’il concilio e de vescovi, e si quatro altri signori cardinali delle medesime congregazioni, e di due monsignori loro segretari, e delli monsignori datario et auditore della Santità sua, e da questa s’è resoluto non potersi nelle cause contenciose civili, criminali, miste venire alla sudeta tassa generale, senza la precedente notizia delle tasse particolari di ciascheduna diocesi o provincia, potendo giuridicamente quella esser varia secondo la diversa consuetudine regolata dalla diversità de’ paesi e de’ luoghi. Bensì doversi con qualche maggior chiarezza per togliere tut’i dubbi, e gli equivoci dar fuori le dichiarazioni, che in più tempi e diverse ocasioni se ni son fatte dalle sacre congregazioni del Concilio, e de’ vescovi nelle materie eclesiastiche, o vero meramente spirituali, acciò in tal modo sapia ciascuno quel che sia illecito, e si tolga ogni scusa o pretesto d’ignoranza, o di consuetudine, dovendo in sì fatte materie l’observanza esser da per tutto uniforme per la generalità de’ canoni e concili, e particolarmente del tridentino, in modo che deve dirsi reproba et illecita ogni contraria consuetudine o tassa diversa in qualunque modo per l’adietro fata, conforme dalla medesima congregazione si è stabilito, in modo, che le seguenti dichiarazioni debbano observarsi dapertutto senza eccetuazione alcuna, sotto le pene contenute ne’ sacri canoni e concili, e d’altre ad arbitrio del Sommo Pontefice, che sarà pro tempore, e nascendo qualche dubbio in contrario, se ne debba consultare la sudetta sacra congregazione del concilio, e non altrimente.
  2. Nella materia degli Ordini sagri e minori, e prima tonsura, cossi per la collazione, come per la facoltà che ad altro si dia di conferirli in qualunque luogho, e qualunque tempo, si stabilisce la regola generale da non ricevere altra eccetuazione, che quella si dirà di sotto, e che nè il vescovo o altro prelato nè il suo vicario generale o foraneo, cancilliere et altri offiziali qualsivoglia, nè parenti, e famigliari, o servitori possano esigere, e ricevere emolumento e cosa alcuna sotto qualsivoglia colore o pretesto d’atti per la giustificazione dei requisiti, o vero di tavoglia, fabrica, pettine et altro, nè sotto titolo di regalo o di mancia anche se spontaneamente s’oferisca e desse, ecceto che l’ordinante possa ricevere l’oblazione della candela secondo dispone il pontificiale a libbero arbitrio de l’ordinato circa la qualità e peso. Et il cancillero secondo la disposizione del sagro concilio di Trento per le lettere testimoniali della collazione dell’Ordine già dato, o vero per le lettere dimissoriali per la collazione da farsi per un altro vescovo, possa ricevere solamente la decima parte d’un scudo di moneta romana cioè un gulio, o vero l’equivalente nella moneta del paese, e non più da persone, le quali abbino l’uso del danaro, non già da quei religiosi le quali no ne anno l’uso, come sono i capucini et i minori osservanti, ecceto che nella collazione del subdiacone, per gli atti che si devono fare per la giustificazione della verità, e suficienza del patrimonio, o vero del benefizzio a titolo del quale si deve promovere possa esiggere quel emolumento, che sia proporzionato alla mera fatigha personale per la scrittura e carta, senza che il vescovo, o vicario, o altri offiziali, nè diretamente, nè indirettamente ne possa partecipare in modo alcuno, purchè detto emolumento non possa nè debba eccedere un scudo d’oro; ma si la fatigha richiede minore mercede, si debba esiggere solamente quel meno. Ma rispetto agl’altri Ordini, et alla prima tonsura non possa esiggere cosa alcuna sotto pretesto di reggistratura de’ Brevi, e dispense e d’altre scritture, o di presentata, e di qualunque altra giustificazione e solennità, o remozione d’impedimento.
  3. Con dichiarazione che se le sudette lettere testimoniali o vero dimissoriali contengono più ordini, tuttavia non si possa esiggere altra mercede che la sudetta d’un giulio sì che non si possa moltiplicare a raggione di ciascun ordine. Non sia però tenutto il cancilliero a far una sola scrittura per più ordini, quando questi siano stati conferiti in diversi tempi e diverse ordinazioni, ma volendo possa farle separatte, non già rispetto a quell’ordini che si conferiscono in un istesso giorno, come segue né minori, nè quali dovrà farsi una sola scrittura, e nelle lettere dimissoriali, che si diano per l’ordinazione da farsi per un altro vescovo a più ordini, parimente non si possano moltiplicare scritture, nè possa esiggere cosa alcuna per il reggito de la collazione de gli ordini, o vero per l’accesso al luogho dell’ordinazione con altro pretesto anche di mancia o di regalo.
  4. Nella materia de’ benefizi ecclesiastici, quando si tratta di quelli, che come di libbera collazione, o vero com’è devoluti si conferiscono dal vescovo o altro ordinario collattore, parimente si stabilisce la regola generale che nè il vescovo, o altro collatore, nè il suo vicario, o altro qualsivoglia offiziale, nè il cancilliero, o parenti, famigliari, o servitori possano esiggere e ricevere emolumento alcuno, et altra cosa sotto pretesto, o qualsiviglia colore anche di mancia o regalo e volontario donativo, cossì se siano curati o residenziali, come se semplici o no residenziali, et anche siano capellanie manuali, ma solamente il cancilliero per le lettere della collazione, compresa carta, sigillo, corde, et ogn’altra cosa possa esiggere la mercede proporzionata alla scrittura, e matteria, purchè non ecceda la somma di giuli dieci di monetta romana o vero l’equivalente nella moneta del paese, senza che si possa pretendere altra mercede sotto qualsivoglia pretesto, e particolarmente per l’aprovazione e preelezione nel concorso alle chiese parrochiali. E per il possesso il vescovo, o vicario, o altro uffiziale non possa esiggere cosa alcuna, et il concilliero se sarà dentro la città possa per il roggitto et ogn’altro atto esiggere giuli tre, se ne’ borghi o vero suburgbij giuli quatro, e se in altro luogho i medesimi giuli quatro il giorno e le spese di vitto e viatico. Bensì che nel luogho del benefizio vi sarà il cancilliero del vicario foraneo o altro nottaro, si dovrà il possesso commetere al vicario foraneo o suo cancilliero senza la necessità del viaggio de l’cancilliero episcopale. Quanto a benefizzi di provisione apostolica perché siano riservati o vero afeti avanti la loro provisione, cossì ne’ benefizij curati nei quali per l’ordinario si danno le lettere testimoniali alla dattaria per la provazione, e della preelezzione nel concorso secondo la forma del concilio di Trento, come anche ne gli altri benefizzi non curati, e particolarmente ne’ residenziali, per i quali si sogliono dare le attestazzioni alla dataria sopra la vitta e costumi, et idoneità de’ concorrenti per le dette lettere non si possa esiggere o ricevere mercede et emolumento alcuno in danaro o in altre cose, sotto qualsivoglia pretesto o colore anche di volontario donativo, ma si debbano dare affatto gratis.
  5. E doppo la provvisione per l’esecuzione delle lettere apostoliche quando siano nella forma graziosa, non possano il vescovo o altro prelato ordinario del luogho, o suo vicario e cancillero, et altri uffiziali pretendere di doverne essere per necessità esecutore, et il nottaro per il possesso; ma se il provvisto eleggesse l’ordinario uffiziale et il suo cancilliere, o veramente se le lettere fussero nella forma che si dice dignum indrizzate all’ordinario, o vero al suo vicario, il quale perciò ne fusse necessariamente l’esecutore, cossì nel uno come nel altro caso, non essendovi leggitimo contradittore, in modo che l’esecutore sia mero, parimente il vescovo o altro prelato, et il suo vicario, o altri uffiziali e suoi famigliari, servitori, et attinenti, non possano nè debbano esiggere e ricevere emolumento alcuno in quel istesso modo che di sopra s’è detto ne’ benefizzi d’ordinaria collazione, ma il cancillero possa per la copia e reggistro delle lettere apostoliche et altri atti ricevere la mercede proporzionata alla fatica per la scritura, purchè non eceda in tuto un scudo d’oro. Et essendovi contradittore, sì che convenga di far processo giudiziale, la mercede del cancilliero per la sua fatigha si possa stendere a due scudi d’oro e non più, senza che il vescovo, o vicario, o altr’uffiziale possa esiggere e ricevere emolumento alcuno, mentre, nelle cause ecclesiastiche e spirituali ordinano i sagri canoni, che non ostante qualsivoglia consuetudine il giudizzio si debba interporre gratis. E per il possesso s’observi quel’istesso che s’è detto di sopra ne’ benefizzi conferiti dall’ordinario collatore.
  6. Nelli benefizzi di padronato nascendo dubbio sopra l’esistenza del padronato con il procuratore fiscale, o vero col provisto, che ne pretenda la libertà, si debba in tuto e per tuto osservare quel istesso che di sopra si è detto ne’ benefizi di libera collazione col contradittore. Ma se non contravertendossi l’esistenza sia la controversia tra compadroni o vero presentati da essi sopra la pertinenza, in tal caso si reputi come causa civile profana, e per conseguenza s’osservi la solita tassa di ciascuna curia, sino a tanto che si faccia l’altra tassa delle cause profane civili, criminali e miste.
  7. Generalmente cossì nelle capellanie manuali, come nelle nuove fondazioni et erezzioni de’ benefizzi, capellanie, confraternite, congregazioni, o vero fondazioni, benedizioni e consegrazioni, e respetivamente visite et aprovazioni di chiese e d’oratorij cossì con l’autorità apostolica come con l’ordinaria, il vescovo o altro prelato, e suo vicario, e qualunque uffizziale non possa esiggere e ricevere emolumento alcuno ma solamente il cancilliero possa esiggere quella mercede che sia proporzionata a la sua fatigha par la scrittura purchè non possa eccedere in tuto uno scudo d’oro, ma sì meno se minore sarà la fatigha.
  8. Nelle cause e materie che riguardano il matrimonio et i sponsali cossì per l’esecuzione delle dispense apostoliche matrimoniali, come per la giustificazione dello stato libero, o che non vi sia canonico impedimento et anche per la dispensa alle pubblicazioni o per la licenzza di potersi contrarre in casa o in altro luogho o tempo insolito e proibbito, o che si possa contrarre in presenza di altri che del parrocho, et ogn’altro atto che occorresse fare il vescovo et il suo vicario, et ogn’altro uffizziale o familiare, non possa sotto qualsivoglia pretesto o colore, anche di mancia e di volontario donativo esigere o ricevere emolumento alcuno nè in danaro nè in altre cose, ma solamente il cancilliero possa esiggere la mercede proporzionata alla fatigha della scrittura, cioè nell’esecuzione delle dispense giuli tre, e per i testimoni sopra lo stato libero o che non vi sia impedimento un giulio per testimonio, purchè in tuto non s’eceda un scudo di moneta romana, cioè dieci giuli o vero il loro equivalente nella monetta del paese. Non comprendendossi le cause contentiosi tra i coniugi sopra la validità del matrimonio o vero sopra la separazione di l’toro stimandosi questa causa giudiziale profana, nella quale s’osserverà la tassa di ciascun tribunale finchè si proveda.
  9. Generalmente in tutto quello che riguarda i monasterij delle monache, et i conservatorij di quelle donne le quali a guisa di monasteri e monache respetivamente vivono rittiratte, il vescovo o altro prelato, il vicario cossi generale com’e particolare, e qualunqu’altro uffiziale o deputato, et il cancilliero et anche i parenti et i famigliari del vescovo o prelato, o de’ suoi uffiziali non possano eseguire, e ricevere emolumento alcuno in danaro et in altre cose, ecceto che quelli comestibili che siano proporzionati all’uso e consumo proprio dentro tre giorni, anche con titolo di donativo per l’ammissione all’abito monastico, per l’aprovazione del deposito della dotte, per la professione, per l’ammissione dell’educande et altre donne secolari, per le renunzie che si fanno dalle novizzie, per l’elezione dell’abadessa o altra superiora, per licenze de’ medici, chirurghi et operarij, per le licenze di parlare alle monache et altre che sono nel monasterio, per la deputazione de’ confessori, capellani, procuratori, esattori et altri ministri, e generalmente per ognaltr’atto che riguarda al governo, ma solamente il cancilliero per il rogitto delle renunzie e per gli atti che convenga fare sopra la giustificazione del deposito della dotte, possa esiggere la mercede proporzionata alla fatigha della scrittura, purchè non ecceda in tutto giulij cinque monetta romana, o vero l’equivalente nella monetta del paese.
  10. Parimente per un regola generale da non soggiacere a limitazione alcuna il vescovo o altro prelato, suo vicario generale o particolare, cancilliero o qualunque altro uffiziale, ministro, e familiare anche sotto nome di mancia, o volontario donativo non potrà esiggere e ricevere emolumento alcuno cossi in denaro, come in qualunque altra cosa in tutto quello che riguarda l’amministrazione de sagramenti del batesimo, della cresima, della penitenza, dell’eucarestia e dell’estremaunzione anche per l’esame e aprovazione, o licenza d’amministrarli. Anzi incarica a’ vescovi e prelati, eloro vicarj et uffiziali che non lo permettano; a’ curati ed a’ confessori, ed altri ministri, e particolarmente nel prendere il piatto o altro vase nel quale sia riposto il vase dell’oglio santo per l’estremaunzione, o del crisma nel battesimo, overo tovaglie, fazzoletti, e altre cose dichiarandossi tutto ciò illecito. Come anche a non chiedere ne esiggere cosa alcuna per la benedizione delle donne infantate, quando doppo il parto secondo il ritto ecclesiastico per la prima volta entrano in chiesa.
  11. In quelli diocesi nelle quali regna l’antigha consuetudine ch’il vescovo o altro prelato, et uffiziale faccia il testamento per l’anima di quelli che moiono ab intestato di quella somma moderata, nella quale secondo i decretti della sagra congregazione può esercitare tal facoltà, non possano esso e suoi uffiziali, ministri, parenti e famigliari partecipare in modo alcuno sotto qualsivoglia colore, o pretesto anche di povertà, ma il tutto si debba effetivamente aplicare ad usi et opere pie, ne per l’adimpemento di tal disposizione si possano in modo alcuno impedire e ritardare la sepoltura, ell’eseguie o funerale al defonto, dovendossi esercitare giuridicamente l’azzione sopra i beni ereditarj e si debba osservare la lettera circolare della sagra congregazione de vescovi sotto gli 19 agosto 1678.
  12. Come anche in modo alcuno si possano impedire o ritardare la sepoltura e l’esequie o funerali a diffonti cossì cittadini come forastieri per il pagamento di quell’emolumento che dal vescovo o dal capitolo, o dal curatto e qualunque altro per la consuetudine del paese si pretendano, ma parimente rimangano illesi l’azzioni giuridiche ne’ beni sopra i quali si dovranno esercitare, senza che in modo alcuno si faccia represaglia al cadavere, o vero che si diano molestie personali a’ figli, moglie o parenti, et ancora non si possa esiggere cosa alcuna per la licenza di trasportare i cadaveri o vero di sepelirli più in un luogo che nel altro.
  13. Si dichiara ancora illecito ogn’emolumento diretto et indiretto, e per conseguenza se ne proibisce al vescovo o prelato, suo vicario e cancilliero et ogn’altro ministro, e famigliare ogn’esazzione sotto qualsivoglia pretesto anche di mancia o donativo nelle infrascritte cose, cioè: Per la licenza o patenti di predicare cossì nella Quadragesima, nell’Avento, come in tutti gl’altri tempi. Per la licenza di lavorare nelle feste anche per aplicarsi ad usi pii sichè si dia onninamente gratis, e quanto alle contravenzioni d’aver lavoratto, le pene tutte si aplichino effetivamente ad opere e luoghi pij senza partecipazione alcuna benchè minima, eccetto chè all’esecutori e ministri inferiori volgarmente Sbirri per la cattura si dia la mercede proporzionata alla diligenza e fatigha, purchè non ecceda u tre giulij in tutto. Per la revisione de’ conti de luoghi pij. Per la recognizione, aprovazione e publicazione delle relichie, dell’indulgenze, et altari privileggiati. Per licenze di questuare. Per l’attestazione della povertà o altro requisito, eccetto il cancilliero possa esiggere in tutto e per tutto un giulio, di monetta romana o l’equivalente. Per la licenza d’esser assente dalla residenza, e generalmente per le dimissorie che si soglino concedere a quelli li quali partono di casa per andar in altro paese. Per le monitoriali, per le revelazioni di scomuniche, cossì quando si diano ad essa curia et ordinario come quando si publicano le lettere apostoliche eccetto che il cancilliero possa per la mercede della scrittura esiggere un giulio solamente. Per la dichiarazione dell’incorso nelle censure per la percossione de chierici, et altre somiglianti cause e per la loro assoluzione, eccetto che il cancilliero per la fatigha della scrittura possa esiggere giulij due eccetto che nell’esecuzione de brevi della penitenziaria, nel qual caso per quel che apartiene all’assoluzione, ne anche il cancilliero possa esiggere cosa alcuna. Per la facoltà d’esercitar i pontificali. Per l’esecutione de’ brevi apostolici o vero licenza della sagra congregazione nell’alienazione de beni di chiese e luoghi pij o vero imposizioni di censi solamente il cancilliero possa esiggere la mercede proporzionata alla fatigha della scrittura, purchè non ecceda in tutto giulij dieci di monetta romana, o suo equivalente. Come anche per tutto quello che apartiene alla difesa dell’imunità ecclesiastica cossì personale, com’è reale e locale, e particolarmente di quest’ultima non si possa in modo alcuno sotto qualsivoglia pretesto ricevere, et esiggere mercede o vero emolumento, ma il tutto si debba fare gratis. Le pene, le multe e le composizioni s’aplichino per iuvare ad uso de luoghi pij, senza che il vescovo o vicario e suoi uffiziali direttamente, ne indiretamente n’abbiano partecipazione alcuna. Il sussidio caritativo in quelle diocesi nelle quali sia solito esiggersi, e non altrimente s’esigga solamente per una volta nell’ingresso del vescovo secondo la tassa solita antigha d’anni 40 in dietro, sicchè non s’attenda il solito più moderno da detto tempo in giù, ne si possa più esiggere sotto qualsivoglia pretesto anche di volontario donativo. Quanto alla visita si osservino inviolabilmente il decreto del sagro Concilio di Trento e le dichiarazioni della sagra congregazione, e particolarmente da quelli i quali concorrono alle spese de cibbarij, ne mediatamente, ne immediatamente, si possino ricevere regali e donativi, anche di cose comestibili. Et ancora non si possa esiggere emolumento alcuno per gli atti della visita, decreti o presentate di scritture, o vero per la revisione di decreti delle visite antecedenti e della loro osservanza, mentre da quelli i quali sono visitati si ricevono le spese del vitto.
    Die prima 8bris 1678, facta per me infrascriptum intarum resolutionum seu declarationum relatione sanctissimo Dominum Nostrum Innocentio XI mediante illarum lectura de verbo ad verbum, sanctitas sua laudavit, approbavit, ac servari mandavit earumque observantiam et pubblicationem iniunxit sacrae congregationi consilij.
    Io: Baptista de Luca prefarìti Sanctissimi Domini Nostri Innocentij Papae XI Auditor, et Secretarius Memorialium.
    Die octava 8bris 1678.  Sacra congregatio Emminentiorum Sacro Real Consilio Cardinalium Concilium tridentinum Interpretum inhaerendo mandatis sanctitatis suae censuit praemissam taxam seu declarationem typis dandas esse, et per litteras circulares ad quoscumque locorum ordinarios transmitendas, ut eas in cancellaria loco omnibus patenti retineri faciant easdemque adamussim faciant observari.

F. Cardinalium: Columna Praefati

Loco Sigilli.

F. Cardinalium Brancacius Episcopus Viterbiensi Secretarius.

Die, mense, et anno quibus supra, dicta taxa affixa, et publicata fuit ad Valvas curiae, et aciei campi florae ac in alijs locis  solitis et consuetis urbis per me Gregorium Staggiu apostolicum cursorem pro Domino Magistri Cursorum Thomas Orlandus sanctissimi Domini Nostri Papae cursorum.