Repertorio informatizzato delle fonti documentarie e letterarie della Sardegna

Repertorio informatizzato delle fonti documentarie e letterarie della Sardegna

Secolo XVII – LI

Documenti varii relativi al processo e alle condanne che ebbero luogo in Sardegna in seguito all’uccisione del vicerè Don Emanuele de los Cobos marchese di Camarassa, accaduta nel 21 luglio del 1668 (1).

Da estratti autografi del processo originale posseduti dall’autore del presente Codice.

1.

Lapide infamatoria posta dal Governo spagnuolo sul luogo in cui fu commessa l’uccisione del Vicerè, nella città di Cagliari.

(1669 – luglio (2))

«Para perpetua nota de infamia, de que fueron trahidores al rey nuestro señor Don Jayme Artal de Castelvi, que fue Marques de Cea, Doña Francisca çedrellas, que fure Marquesa de Sietefuentes, Don Antonio Brondo, Don Silvestre Aymerich, Don Francisco Cao, Don Francisco Portugues, y Don Gavino Grixoni, como reos de Crimen de Lesa Magestat, por homicidas del Marques de Camarassa virrey de Sardeña fueron condenados à muerte, perdida de bienes y honores, demolidas sus Casas, conservando con su ruina la eterna ignominia de su nefanda memoria; y por ser este sitio la Casa (3) donde se commettiò delicto tant atroz, à vuinti y uno de julio de mil seysientos sessenta y ocho se erigiò esto Epitafio (4)».

2.

Sentenza capitale e supplizio crudele di uno dei supposti uccisori del marchese Camarassa vicerè di Sardegna.

(1670 – 25 febbraio).

Die vigesima quinta mensis februarii anni millesimi, sexcentesimi, septugesimi.

Callari

In causa Regii Fisci.

Cum Francisco Capay, inquisito, et carcerato, de crudeli homicidio, cum ictibus scloporum, oppensato (sic), et ordine alterius commisso in personam illustris Marchionis Camarasce (sic) hujus regni Proregis, et subductione (sic) testis ad falsum deponendum contra dictum illustrem Marchionem, et illustrem ejus uxorem in crimine homicidij commissi in personam illustris Marchionis Laconi, ut ex actis etc.

Excellentissimus Dominus Dux Sancti Germani Prorex hujus Regni, et Capitaneus Generalis, et Delegatus per suam catholicam Majestatem in presenti causa, cum voto nobilis, et magnifici doctoris, consiliarii Don Joannis de Herrera consultoris providet, decernit, atque mandat, quod supradictus Franciscus Capay, ut supra inquisitus pro causa supradicta, raptetur per hanc civitatem, et raptando ducatur ad locum, ubi paranda est rota, ibique malleo ferreo omnia ejus membra percutiantur, ita quod germanico more moriatur, et ejus anima a corpore separetur, ac in frustra dividatur: verum, ante executionem istius sententiae, torqueatur tamquam cadaver, ad sciendum omnem tractatum, et omnes complices. Et ita etc. (5)

El Duque de San German.

3.

Sentenza capitale contro Don Giacomo Artal de Castelvì, marchese di Cea supposto complice della uccisione del vicerè di Sardegna.

(1671 – 12 giugno).

Die duodecima mensis junii anni millesimi, sexcentesimi, septuagesimi primi.

Calari.

Viso hujusmodi processu, et terminis concessis, et assignatis Don jacobo Artal de Castelvi, qui fuit Marchio de Cea, ad dicendum cur sententia contra eum, et alios lata die decima octava mensis junii, anni millesimi sexcentesimi sexagesimi noni (6) exequi non deberet; et quod nec in dictis terminis, nec alio ex gratia eidem inde concesso, aliquid relevans deductum fuit, quapropter praecolaudata sententia venit omnino exequenda. Visis videndis, attentisque attendendis etc. Nos Don Franciscus Tutavilla Dux Sancti Germani, Prorex, Locumtenens, et Capitaneus Generalis praesentis Sardiniae regni, nec non per suam catholicam Majestatem Delegatus in praesenti causa, cum voto magnifici Consiliarii Georgj Cavassa Consultoris, decernimus, et providemus praedictam sententiam fore, et esse exequendam. Et quia cum dicta sententia fuit dictus Don Jacobus Artal de Castelvì declaratus reus criminis lesae Majestatis in primo capite, quod inter alias poenas importat, et pertinet poenam ultimi supplicj; quare dictum fuit eundem tamquam hostem publicum ab omnibus impune offendi, et occidi posse etc., prout in dicta sententia legitur, providemus pariter, et decernimus, quod in ejusdem sententiae executione ducatur dictus Don Jacobus Artal de Castelvì per loca pubblica praesentis civitatis, usque ad locum ejus supplicio designandum, ut ibi, uti reus tam horrendi criminis, decapitetur, taliter, quod naturaliter moriatur, et anima ejus a suo corpore separetur, et caput eiusdem ponatur in loco similiter designando, ut ei in poenam, caeteris autem in perpetuum, et memorabile exemplum cedat. Et concessa copia, intimetur etc. (7).

El Duque de San German.

4.

I. Elenco delle persone che furono inquisite per la morte del marchese di Camarassa, vicerè di Sardegna, nel processo ordinato e compiuto sotto il governo del vicerè duca di S. Germano.

(1669 – … 1671)

  1. Don Giacomo Artal di Castelvì, marchese di Cea.
  2. Donna Francesca çatrillas, Marchesa di Sietefuentes
  3. Don Antonio Brondo, Marchese di Villacidro.
  4. Don Silvestro Aymerich.
  5. Don Francesco Cao.
  6. Don Francesco Portugues.
  7. Don Gavino Grixoni.
  8. Don Baldassare Dexart.
  9. Don Antonio de Sena.
  10. Don Antioco de Castelvì.
  11. Francesco Gazano
  12. Antonio Gironi.
  13. Antioco Dettori.
  14. Pietro Locqui.
  15. Francesco Capay…
  16. Antonio Panimoddi.
  17. Emanuele…
  18. Giambattista Soggia
  19. Placido…
  20. Don Carlo Deonetti.
  21. Don Francesco Gayas.
  22. Giovanni Are.
  23. Gaspare..
  24. Martino..
  25. Tre uomini della villa di Oschiri.
  26. Due uomini della villa di Gennoni.
  27. Quattro uomini di Cuglieri.
  28. Due uomini della villa di Ploaghe.
  29. Gavino Casula.

II. Elenco delle persone che intervennero alle riunioni tenutesi in Cagliari in casa del marchese di Laconi, prima voce dello Stamento Militare.

  1. Don Salvatore Aymerich, Conte di Villamar.
  2. Don Francesco Luxorio di roca-Marti, Marchese di Monteleone.
  3. Don Felice Masons, Conte di Montalvo.
  4. Don Enrico di Rocca-Marti.
  5. Don Carlo Manca Guiso, Marchese di Albis.
  6. Don Girolamo di Cervellon.
  7. Don Diego Cano Biancarello                             Giudici delle Reale
  8. Don Francesco Cao                                                    udienza
  9. Giovanni Sequi Foddi, famigliare del Marchese di Cea.

III. Elenco delle persone che diedero ricovero ed assistenza al marchese di Cea nel Capo settentrionale della Sardegna, dopo la uccisione del vicerè Camarassa.

  1. Don Bernardino Matteo di Cervellon, Governatore dei Capi di Cagliari, e di Gallura.
  2. Don Francesco Zucca, Assessore nel criminale del Magistrato della Reale governazione.
  3. Don Matteo Boyl.
  4. Don Giacomo Alivesi.
  5. Don Girolamo Zonza, Capitano della Cavalleria nazionale nel Capo di Sassari.
  6. Don Salvatore dell’Arca.
  7. Don Antonio Manca.
  8. Don Dalmazio San-Just figliuoli del Governatore di
  9. Don Felice San-Just Sassari
  10. Don Pietro Soggia di Oschiri.
  11. Don Federico Manca.
  12. Don Giacomo Grixoni.
  13. Don Cosmo Tola.
  14. Nicolò Pinna, Segretario della Reale governazione.
  15. Don Giambattista de Nurqui.
  16. Don Nicolò dell’Arca.
  17. Don Andrea Manca.
  18. Don Giambattista dell’Arca.
  19. Don Antioco dell’Arca.
  20. Don Antonio Carta.
  21. Damiano Soliveras.
  22. Don Pietro Guiso, Governatore del Goceano.
  23. Il Dottor Lardo e il suo Genero.
  24. I fratelli Delmestre della villa di Ozieri.
  25. Il conte di Sedilo.
  26. Il canonico Sanna. di
  27. N. Pizolo… Oristano
  28. I fratelli dottori della villa di Buddusò.
  29. Il sacerdote Salvatore N. N. della villa di Ozieri.
  30. Il Rettore della villa di Ittireddu.

(1) L’uccisione del marchese di Camarassa vicerè di Sardegna è un fatto assai funesto della storia dell’isola; ma fu una conseguenza ed una vendetta per la uccisione del marchese di Laconi, prima voce e rappresentante dello Stamento Militare, imputata allo stesso Vicerè, ed ai suoi dipendenti. Ciò risultava ampiamente dal processo che avea istruito la Reale Udienza, Supremo Magistrato di Sardegna. Ma il governo spagnuolo, per lavarsi di questa macchia, soppresse un tal processo, ne fece istruire un altro a suo modo, e fece ascrivere a cause private un tal misfatto, non rattenendosi da condanne capitali, e qualificandolo per crimenlese.
(2) La lapide fu posta dopo il 6 luglio 1669, e forse nell’8 dello stesso mese.
(3) Era la casa di un mercatante chiamato Antioco Brondo. La medesima fu demolita (et acquata solo) nel 1.° luglio 1669.
(4) L’Epitafio fu scritto e collocato dopo le condanne capitali di Don Giacomo Artaldo di Castelvì marchese di Cea, di Doña Francesca çedrellas marchesa di Sietefuentes, di Don Antonio Brondo, Don Silvestre Aymerich, Don Francesco Cao, Don Francesco Portugues e Don Gavino Grixoni, pronunciate con sentenze del 18 giugno 1669 e 1 luglio dello stesso anno. E come tante enormità non bastassero, con la seconda di dette sentenze fu pur dichiarato che dell’assassinio del marchese di Laconi, rappresentante della nazione nel Parlamento sardo, erano innocenti la marchesa di Camarassa (moglie del vicerè), Don Antonio de Molina avvocato fiscale regio, Don Gaspare Niño reggente la reale Cancelleria, Don Antonio de Pedrassa, Don Giovanni Claveria e Giuseppe Bono, tutti impiegati spagnuoli che avevano nell’isola ogni influenza e ogni potere in loro mani, ed erano protetti dal nuovo vicerè duca di S. Germano, il quale procedette e fece procedere in quest’affare con ira e con furia, come lo prova un suo proclama datato da Cagliari nell’8 luglio 1669. Quest’Epitafio e le teste dei condannati esposte alla vista pubblica nella torre dell’Elefante furono poi tolte per instanza fattane dalle Corti celebrate nel 1688 sotto la presidenza del vicerè duca di Monteleone.
(5) Francisco Capay era uno dei famigliari del marchese di Cea. La sentenza fu eseguita sulla di lui persona nel 27 febbraio del 1670. A questo barbaro atto di crudeltà seguì un altro atto non meno barbaro nel maggio del seguente anno 1671. Con un proclama datato da Sassari nel 30 di quel mese dal governatore Don Diego de Scalz y Salzedo furono mandate pubblicamente in mostra per le principali città dell’isola le teste di Don Francesco Cao, Don Francesco Portugues e Don Silvestro Aymerich, ch’erano stati uccisi alcuni giorni prima nell’Isola Rossa (adiacente alla Sardegna).
(6) Ved. Cart. preced. N.° 2, nota 4.
(7) Gli altri gentiluomini sardi, ch’erano stati condannati a pena capitale con le sentenze del 18 giugno e 1 luglio 1669, non caddero in potere del governo viceregale. Don Antonio Brondo morì naturalmente in Cagliari poco dopo l’uccisione del vicerè, Donna Francesca çedrellas marchesa di Sistefuentes, Don Silvestro Aymerich, Don Francesco Cao, Don Francesco Portugues, e Don Gavino Grisoni cercarono ricovero, prima in Toscana, poi in Nizza marittima. Colà la çedrellas si sposò all’Aymerich, dal quale nel 1670 ebbe un figlio (Gabriele Antonio), che fu levato al sacro fonte da Don Antonio Duca di Savoia. E nello stesso anno 1670 l’Aymerich, il Portoghese e il Cao perirono colle armi in mano nell’Isola Rossa (aggiacente alla Sardegna), difendendosi dai commessari del governo che tentavano arrestarli, come arrestarono di fatto, mentre dormiva, il vecchio ed infelice marchese di Cea. Don Gavino Grixoni probabilmente non tornò più in Sardegna giacchè non se ne trova più notizia alcuna. Dopo l’uccisione di Don Silvestro Aymerich, la çedrellas si ritirò in un monistero nella suddetta città di Nizza. – Il di lui figlio Gabriele Antonio Aymerich fece riabilitare da Marianna di Austria, reggente, e da Carlo II re di Spagna la memoria del suo genitore Silvestro Aymerich. Egli stesso fu riabilitato agli onori, alle dignità ed al ricupero dei beni paterni; ciò che fu più solennemente dichiarato e decretato nel Parlamento celebrato in Sardegna nel 1688. È notevole che nelle provvisioni regie con le quali fu tutto ciò accordato, si confessa implicitamente che la uccisione del vicerè Camarassa era proceduta da vendetta per alcune di lui azioni private e personali; lo che conferma indirettamente ch’egli, la moglie sua e i suoi più intimi consiglieri aveano fatto togliere la vita a Don Agostino di Castelvì marchese di Laconi, Prima Voce dello Stamento Militare, e sindaco del Parlamento Sardo, inviato con missione speciale alla Corte di Madrid. – Nel tempo della guerra di successione al trono di Spagna Gabriele Antonio Aymerich servì negli eserciti dello stato di Milano, e nel 13 gennaio 1708 ebbe in tal qualità una pensione dal re Don Filippo V, la quale gli fu assegnata sopra alcuni feudi di Sardegna. E nel 1709 Carlo VI imperatore di Germania (che fu Carlo III re di Spagna) gli spedì il seguente diploma:

«Nos Carolus Dei gratia rex Castellae, Aragonum, Legionis, utriusque Siciliae, Hierusalem, Ungariae, Dalmatiae, Croatiae, Navarrae, Granatae, Toleti, Valentiae, Galitiae, Maioricarum, Hispalis, Sardiniae, Cordubae, Corsicae, Murciae, Giennis, Algarbii, Algezirae, Gibraltaris, Insularum Canariae, nec non Indiarum Orientalium et Occidentalium, insularum, ac Terrae firmae, Maris Oceani, Archidux Austriae, dux Burgundiae, Brabantiae, Mediolani, Athenarum, et Neopatriae. Comes Abspurgii, Flandriae, Tiroli, Barchinonae, Rossilionis, et Ceritaniae, marchio Oristani, et comes Goceani.

«Elucescit Regiae Maiestatis splendor cum reges erga benemeritos munificentiam, et liberalitatem exercere dignentur, quae tanto maiorem laudem et gloriam regiae dignitati est allatura, quanto illam liberaliori, et gratiori animo prosequuntur. Considerantes igitur, intraque nostrae regiae mentis arcana revolventes multiplicum virtutum dona, et amorem singularem, quem erga nos et caesaream nostram austriacam domum usquaque gessistis, et continuo impendere non cessastis vos illustris Don Gabriel Aymerich, et Zatrillas marchio de Sistefuentes regni nostri Sardiniae in vos aliquam liberalitatis nostrae partem ostendere decrevimus, eo maxime cum noverimus vos in recenti recuperatione nostri Sardiniae Regni (a) partes nostras ferventer substinuisse, neglectis vitae periculis, et in nihilo habitis sexcentum scutis, quibus annuatim vigore regii decreti ratificati a Duce Andegavensi fruebaris (b), quae amittere potius, quam fidelitatem nobis debitam frangere maluisti; insequens in his clarissimorum vestrorum progenitorum imitanda vestigia, originem ducentium a nobilissimis et antiquissimis prosapiis de Aymerich et Zatrillas praesentis Cathaluniae Principatus, qui omni in aeyo, cunctisque saeculis Serenissimis, et Catholicis Aragoniae, et Castellae regibus praedecessoribus nostris, tum terra, tum mari, tum pace, tum bello, prompto animo, indefessa fise, zeloque inenarrabili servierunt. Et quamvis nobilis Don Silvester Aymerich, et illustris Domina Francisca Zatrillas marchionissa de Sistefuentes genitores vestri fuerint cum aliis illustribus et nobilibus praedicti Sardiniae Regni delati, et inculpati de morte anno millesimo sexcentesimo sexagesimo octavo violenter executa in personam illustris marchionis de Camarassa tunc dicti Sardiniae Regni proregis; qua ratione, post multos passos labores, dictus nobilis Silvester de Aymerich mortem sententialiter subivit; tamen re postmodum maturius excussa per Serenissimam Dominam Domnam Mariam Annam ab Austria Hispaniarum reginam, matrem serenissimi domini regis Catholici Caroli II, ac generalem Hispaniae gubernatricem, constitit praefactam mortem dicti illustris marchionis de Camarassa fuisse potius secutam in vindictam privatarum operationum ipsius illustris marchionis de Camarassa, quam in contemptum suae viceregiae dignitatis et regalis iurisdictionis (a1); quapropter permisit sua regia commiseratio praedictos illustres, ac nobiles ad patriam, bona, honores, et dignitates restitui: et in comitiis Sardiniae celebratis anno millesimo sexcentesimo octuagesimo octavo fuit per serenissimum et catholicum regem Carolum II declaratum praefactam mortem dicti Illustris Marchionis de Camarassa, tanquam ex iracundia, et privata tantum vindictu procedens, ultra eos, qui facinus commiserunt, transgredi non posse, nec illorum posteros macula aliqua offici; et ideo semper fuere dictorum illustrium, ac nobilium filii, et descendentes habilitati, et capaces ad capienda bona quaecumque, et ad successiones parentum suorum, ac ad omnes honores, officia, et beneficia obtinenda recogniti, utpote repetitas gratias dictus dominus rex contulit, habitus Ordinum militarium, et aliorum relevantium officiorum de politica et iustitia. Cum enim vos dictus illustris Don Gabriel de Aymerich, et Zatrillas, marchio de Sietefuentes ab istis rationalibus gratiis solus videamini ex parte exclusus, cum propter illustris Franciscae Zatrillas marchionissae de Sietefuentes matris vestrae a dicto Sardiniae regno passo exilio, istius occasione in Ducatu Sabaudiae in monasterio de Nissa diu inclusae, vestrique dicti illustris don Gabrielis puerilem aetatem, in qua tunc eratis constitutus, nemo fuerit qui ex vestri parte iustitiam, et reintegrationem instaret, ad nostram vos dictus illustris son Gabriel adiistis praesentiam, humiliterque supplicastis, ut praedictum marchionatus de Sietefuentes titulum, quo illustris domina Francisca Zatrillas potiebatur, triaque oppida, scilicet de Sancto Lussurgio, Fluxio, et Sennariolo, cum omnibus honoribus, praerogativis, et praeminentiis, eumdem marchionatus titulum, et aliis concomitantibus regio patrimonie applicatis vobis restituere de benignitate nostra regia dignaremur. Nos igitur, attento quod praefacta vestra supplicatio fuit per nos Supremo Aragonum Consilio consultando commissa, et per ipsum examinata, et veritati consona reperta, ac digna ut nostra regia Maiestas dictae reintegrationi assentiat. Ideo gratis, et ex certa nostra scientia, per nos, et omnes haeredes et successores nostros, praedictum marchionatus de Sietefuentes titulum, ac tria oppida praedicta, scilicet de Sancto Lussurgio, Fluxio, et Sennariolo, sita in nostro Sardiniae regno vobis eidem illustri don Gabriel Aymerich, et Zatrillas marchioni de Sietefuentes tamquam haeredi dictorum nobilis Silvestri Aymerich, et illustris Franciscae Zatrillas marchionissae parentum vestrorum, et successoribus vestris tam masculis quam faeminis perpetuo, ex quasi debito indubitabilis iustitiae, restituimus, concedimus, et tornamus, in feudum tamen honoratum, et absque alicuius servitii praestatione iuxta titulos antiquos eiusdem marchionatus, et oppidorum, ac Sardiniae consuetudines etc. (b1). Datum in nostra civitate Barcinonae die decimo tertio mensis augusti, anno a nativitate Domini millesimo septingentesimo nono, regnorumque nostrorum nono».

«YO EL REY».

(a) Ciò accadde nel 1708 per opera della squadra capitanata dall’ammiraglio Lake, che bombardò la città di Cagliari, e coll’aiuto dei Sardi che seguivano le parti dell’arciduca d’Austria (allora Carlo III re di Spagna), che fu poi Carlo VI imperatore di Germania. Le porte di Cagliari furono aperte agli Austriaci nel 13 agosto di detto anno; e a ciò tenne dietro la sommessione di tutta l’isola.
(b) Si allude alla pensione ch’era stata accordata all’Aymerich dal re don Filippo V.
(a1) Quali erano queste private operazioni del vicerè Camarassa, delle quali si prese vendetta sulla di lui persona? Senza dubbio l’uccisione del marchese di Laconi. Si confrontino queste parole con quanto si dice appresso, che cioè erano veritati consona le cose esposte dall’Aymerich, ed era debito indubitabilis iustitiae il reintegrarlo nell’onore e nei beni, e si vedrà che il marchese di Cea, condannato all’ultimo supplizio, fu vittima innocente del mal governo spagnuolo e dei furori viceregali del duca di San Germano.
(b1) Si omette il resto, che contiene le solite clausole, formole e concessioni comuni a tutte le antiche infeudazioni di Sardegna, e relative alla giurisdizione civile e criminale, alla successione delle femmine, al dritto delle medesime, se in attuale possesso di feudo, di farsi rappresentare nel Parlamento; e di avervi, per mezzo dei loro procuratori o rappresentanti, voto deliberativo, ecc. ecc.