Repertorio informatizzato delle fonti documentarie e letterarie della Sardegna

Repertorio informatizzato delle fonti documentarie e letterarie della Sardegna

Secolo XIV – VIII

VIII

Statuti per il porto di Cagliari (Breve Portus Kallaretani), fatti, e ordinati sotto il dominio Pisano.

(1317 [1318 stil. pis.], … febbraio).

Dai Regii Archivi di Corte di Torino (1).

Incipiunt Rubrice Brevis Portus Kallaritani.

I.                In nomine patris et filiis et spiritus santi Amen.

II.                Difare lofficio.

III.                Delli richiami.

IIII.                Di fare rendere lodevito.

V.                Di chiamare li Consiglieri.

VI.                Delli Pesatori e Misuratori.

VII.                Di non lassare lo Mercatante essere pesatore.

VIII.                Di fare leggere lo breve.

VIIII.                Di trovare le canne.

X.                Di comandare delle canne.

XII.                Delli Consiglieri dicastello.

XII.                Delli beni delli morti.

XIII.                Di non ponere data.

XIIII.                Chi non volesse jurare.

XIII.                Di fare jurare custori e misuratori.

XVI.                Sopra le magagne de pannj.

XVII.                   Di chiamare modulatori.

XVIII.                 Di non fare mercantia apresso a X miglia acastello di castro.

XVIIII.                Di fare jurare litestimoni.

XX.                Dandare allicastellani.

XXI.                    Di non togliere avaria.

XXII.                   Dellopra della chiesa.

XXIII.                  Della luminara.

XXIIII.                Di fare jurare lo camarlingo.

XXV.                   Delle Credense.

XXVI.                 Di fare quello che fidato perconsiglio.

XXVII.                De bandi e divieti.

XXVIII.               de Legni.

XXVIIII.             Di non essere consulo.

XXX.                   Davere fermo ciò che fi facto per li antecessori.

XXXI.                 Di cognoscere le discordie.

XXXII.                Di pagare li deviti delli antecessori.

XXXIII.               Se alcuno dicesse villania aconsuli o aconsiglieri.

XXXIIII.             Se alcuno avesse ricevuto dono.

XXXV.                Di cercare e investigare li beni del porto.

XXXVI.              Di pesare tucte le mercatantie.

XXXVII.             Di eleggere homini sopra lenavi olegni da caricare.

XXXVIII.           Davere una loggia u bottega per lo porto.

XXXVIIII.          Capituli desensali.

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In nomine patris et filii et spiritus sancti amen.

Questo breve fu composto facto etordinato amandare accorreggere apisa jntempo delli discreti et savi homini Messer Nero digoluntino et Messer bindo faccha consuli del porto di Kallari et corretto et emendato per li discreti et savihomini Ser Cellino dalcolle Ser pellaio dillasita Ser Guidone dafaulga et Ser Bacciameo dimalgle Corrente allora li Anni Domini MCCCXVIII. del mese di ferraio.

Ser Piero Porcellino Camarlingho del dicto porto: Notaio Ser Gaddo da fagiano (2).

BREVE PORTUS KALLARETANI.

I. In nomine patris et filii et spiritus sancti Amen.

Noi consuli dei mercanti del porto di Callari iuriamo alla sante dio vaela corporale mente dannoi tocchande lolibro che locastello di castro del porto di callari abuona fe sansa fraude salveremo difenderemo e guarderemo da ogni persona eluogo a honore della cita dipisa e demercanti dipisa e del porto di callari edi culoro che quine habitranno allo onore della cita dipisa e non saremo in consiglio ne infacto ne in consentimento u vero assettamento che lacita dipisa u vero limercatanti dipisa li quali quine habitranno allonore della cita dipisa perdano lasignoria del dicto castello ellonore ellaforsa la quale anno u vero abbeno e aranno e daquinci innanti arae la cita dipisa e se sapremo alcuna persona che alcuna cosa voglia fasre di quello castello contra lonore della cita dipisa esalvamento iusto lonosso podere lodisteremo distorneremo e se distornare nolpotremo aquella persona che in quello castello perla cita dipisa signoregera (3) più tosto che potremo per noi overo per altrui sillomanifesteremo e operemo e studieremo chello dicto castello sempre sia eacrescasi enon simonimi etegnasi per lacita dipisa.

II. Difare lofficio.

Item juriamo alle sancte dio vaela che tucto lotempo del nostro consulato a buona fe sansa fraude loficio del consulato potremo e tracteremo abene e autilita della cita dipisa e del porto dicallari e de mercanti edellendiche diquello porto liquali mercatanti cifino tenuti per saramento.

III. Delli richiami.

Item juriamo alle sante Dio vaela che sealcuno richiamo perascione tenere innansi danoi in callari da alcuno citadino dipisa oda alcuno del distrecto di pisa che sia mercante u vero del porto di callari facto mifi quello richiamo ricevero edifiniro perascione laudamente u uso superlandamento u uso misera posto dalle parti meglio che cognoscero e ameparra ello piu tosto che potro sansa fraude secondo buono uso e usansa del dicto porto siveramente che qualunqua persona si richiamera dinanti danoi possa dimandare se vora sansa parentorio Evasti che diquello di che sirichiamera appaia scriptura per lo notaio del porto e che a colui a cui fie domandato sia tenuto di rispondere incontenente e di non dimandare chelli sia dato altro libello u parentorio e che tutte le prove che lunaparte a laltra dar vorra sia tenuto di dare infra dì XV. salvo che se per suo saramento dicesse alcuna delle parti avere prove fuori dellisola disardigna che allora li siamo tenuti di dare lo piu breve termine che potremo dare. Esse lo dicto termine adimandato cifusse per fraude la quale appaia cioe che non producesse le carte u prove per le quali adimandasse ladilatione u non provasse litestimoni per liquali avesse dimandato lo termine che quello cutale debbia essere condannato in soldi II di denari pisani per liura e di quante liure fusse lopiato e selopiato fusse dimercatantia secondo lostimo ella valuta di quella mercatantia fare figurare alcamerlingo del porto da quella parte che la indusgia domandasse apena di liure X di denari pisani avuopo del porto. Siche ricevuto inprima lopegno di denari XII. pisani per liura da ciasche duna delle parti siche lasomma non monti oltra a liure XXV dipisani. Eacolui che dinansi annoi perda per sentensa ulaudamento o usansa litolleremo perdirittura denari XII di denari pisani per liura e non piu di quello che perdra. E quello pegno non vendremo ne vendere faremo seno rimara percascione dipoverta indel quale caso lo dicto povero non sia tenuto disigurare e quello medesimo faro di tucti liforetani e forestieri li quali vorranno useranno sforsati distare a ragione dinansi danoi. Salvo et eccepto che adalcuno Sardo non toglero pegno udirittura equello che persententia u laudamento u convento dicto aremo sicome dicto oe eosservare e fermo tenere eobedire justo lo nostro podere sensa fraude faremo se non  rimarra perparaula dicului che sirchiamera siche questo cavato sintenda di questo capitulo chea nessuno dedicti Sardi u forestieri siamo tenuti difare rasgione delli dicti consuli soctoponere si volesseno. Eche siano tenuti ed ebbiano di disfinire tucte le questioni che per li castellani commesse fosseno loro. E che ad alcuna sentenza che data fusse contra ad alcuna persona per li consuli. Et consiglieri u vero la magiore parte diloro appellare non si posa fine in liure dugento dipisani. E che noi consuli siamo tenuti per saramento eapena di liure X. dipisani avuo del porto disfinire sentensare e terminare tucti lipiati u richiami che dinansi annoi u adalcuno di noi molti cifino infra uno mese daldi che mocto ci fusse collo consiglio del nostro consiglieri e del judici del dicto porto ude lamagiore parte di loro separra alli consuli e aconsiglieri davervi lodicto judice.

IIII. Di fare rendere lo debito.

Item iuriamo che tucto lo devito loquale sifara incallari perli soprascripti mercatanti quine le renderemo sie che apisa nulla sene debbia pagare.

V. Dichiamare liconsiglieri.

Item juriamo che infra octo di poi che iurato aremo loficio del consulato inpubrico parlamento chiameremo u chiamare faremo XII homini delli mercatanti del porto delli migliori e de’ più utili che annoi parra li quali abbiano entica e trattino incallari delli quali nullo sia fidele ne vassallo dalcuno signore u donna di Sardigna u iurato u per tempo beneficiato. E delli quali XII consiglieri li quatro siano diquelli che non funno consiglieri in nel tempo delli nostri antecessori essiano tenuti che andranno a consiglio incontanente che ne fusseno richiesti dalcuno deconsuli apena disoldi X dipisani avolunta de consuli se non fusse iusta cagione esse li dicti consuli a alcuno diloro consiglieri scira dicallari estara oltra adi XV altri valtro nefaro aconsulo u aconsiglieri chiamare in loro luogo a liquali consiglieri cosi eletti comanderemo persaramento che di tucte lecose delle quali noi domanderemo ufaremo dimandare ci debiano dare consiglio lomigliore che sapranno ucognosceranno. E quello consiglio oserveremo e non rimoveremo. E simigliantemente chiameremo un camerlingo lo quale faremo jurare sicome disocto si contiene. E aciascuno delli consiglieri dicti faremo dare ogni anno per amescere di valsuta di soldi vinti daguilini. E che ciascuno di noi consuli possa edebbia avere per suo salario ogni anno uvero indeltempo del suo consulato libre quatro daguilini. Esse lo consulo non stesse tucto lo anno in del dicto officio debbia essere pagato per quello tempo che allo dicto officio morasse e per piu prendere non possa. E per amescere divalsuta di soldi quaranta daguilini. E chiamare uno judice per lo dicto porto lo quale abbia eavere debbia per suo salario soldi quaranta daguilini ellamescere come disopra. Ello notaio del dicto porto per suo salario soldi quaranta daguilini ellamescere come disopra. Ello camarlingho del dicto porto per suo salario soldi quaranta ellamescere come disopra. E almesso del porto per suo salario soldi quaranta sensa altro amescere. E che lo nostro pesatore dabagniaia sia tenuto e debbia dare ogni anno per la festa di Santa Maria anunsiata di marso liure diece daguilini allo camerlingo del porto per lo dicto porto. E oferere allopera di santa Maria di porto in della dicta festa libre diece di cera in uno cero. E non debbia pigliare perlastatera magiore salario che usato sia – ne avere dal porto ne salario ne amescere. El dicto pesatore – si chiami per li dicti consuli e consiglio infra di XV poi che intrati fino indel dicto oficio del consulato. Liquali salari e amescere lo dicto camerlingo possa dare e pagare dellibeni del dicto porto. E quelli che fusse electo consiglieri u camerlingo del dicto porto secondo la forma del dicto breve quello oficio rifiutare non possa u debbia se non per giusta cagione e chi rifiutasse debbia incontenente essere caciato delli porti disardigna ellietucti suoi compagni e quine stare non possano da inde auno anno.

VI. Delli pesatorj emisuratori.

Item juriamo che infra XV di chiameremo in castello dicastro pesatori e misuratori tanti e quanti ciseranno bisogno per lamercatantia liquali non siano ne essere posano sensali elliquali siano di buona fama. E in del saramento de quali si contenga che lo loro oficio faranno etratteranno bene elealemente assalvamento delle parti non tirando secondo che disocto sidira. E che nulla fraude vicomettano ma secondo che alloro parra meglio e convenevile sia per utilità della mercatantia salvando etenendo quello che dispora dicto e sia questo inteso che tre misuratori siano e essere debbiano per canna enon piu. E che non debbiano tirare inullo modo nel venditore nel misuratore nel comperatore. Apena di soldi quaranta di denari pisani per ciascuna volta auvo del porto. E lo consolo sia tenuto per saramento a pena di liure X. dipisani quella pena fare pagare quando lifusse acusato esse trovero alcuno chefaccia contra le dicte cose lui dello  officio cacero e daquinde innanti non sosterro che sia al dicto officio tucto lotempo del mio consolato ello dicto breve alloro legerefaro e loro amoniro che eusi fare eoservare debbiano a quella medesma pena.

A questo capitulo che tucti limisuratori che fino chiamati per lomodo disopra debiano essere messi ciascheduno per nome in una tascha. E quando lo compratore evenditore vorranno misurare si debbia allora petitione tragere quello u quelli per nomero che bisognera aquella misura. E nessuno possa altramente misurare se cusi cavato non fusse in presensa delli consuli o dalcuno. Esse misurasse alcuno che non fusse cavato perlo soprascripto modo liconsuli siano tenuti di condannare per ciascuna volta chi contrafacesse in soldi X. di denari pisani avuo del porto. E similmente si debbia oservare delli pesatori delle stateie. E delimisuratori del grano e orso e quello medesimo sidica e intenda precisa mente delli misuratori del loglio ella dicta tascha debbia stare in della dicta loggia.

VII. Di non lassare lo mercatante essere pesatore.

Item juriamo che alcuno demercanti del porto non laseremo essere pesatore. E che nullo mercatante non saproprii nullo pesatore u misuratore e chi contra facesse per ciascheduna volta sia punito insoldi XL. denari dipisani.

VIII. Di fare legere lo breve.

Item juriamo che infra di XXX dallantrata del nosso officio faremo legere al nostro notajo questo breve impresensa nostra edel consiglio e di quelli mercanti che avere potremo liquali si debbiano richiedere per lo messo del nostro porto.

VIIII. Di trovare le canne.

Item juriamo che studieremo sensa fraude di trovare per lo camarlingo del porto tucte lecanne del comune deli mercatanti del porto le quale dalli miei antecessori fimo mandate e portate in castello equelle faremo stare appo lodicto camerlingo per lacomunita delli mercatanti del dicto porto esse cio non faremo e non observeremo pena soldi XX dipisani e al camarlingo soldi diece di pisani. E cio siamo tenuti di cercare ciascuni due mesi. E che sidebiano assegnare al camarlingo del porto con carta. E con carta la sengni al suo successore e diciascuna canna che non assegnasse segnata diquello sengno del porto li sia tolto soldi venti dipisani avuo del porto.

X. Di comandare delle canne.

Item che in del primo parlamento u vero raunamento dedicti mercanti comanderemo per saramento atutti mercanti del porto li quali tegnono canne elli quali mifienno tenuti per saramento che ciascuno diloro cogliano u facciano coglere le loro canne guerate bene ellealemente ejusta e diritta sicome quelle che sono colte alla misura delle canne lequali limisuratori dapisa portano infra di VIII. che quelli cotali mercatanti non debbiano misurare senon colla dicta canna ferrata e colta e incio siamo tenuti noi consuli dicercare infra uno mese dallentrata del nostro officio esiano tenuti li consuli di cercare lecanne elle misure tucte del grano oglio e dogni cosa elli pesi delle stateie e delli marchi e bilancie dibanchi almanco volte tre in del loro officio. Esse dipo lodicto comandamento troveremo alcuna delle dicte cose canne non essere dricte e juste quelle canne fiacheremo e acolui di cui ladicta canna fi tolleremo per pena soldi XX dipisani.

XI. Deconsiglieri dicastello.

Item juriamo che quando si fara la elecione deconsiglieri del dicto porto se entra li consiglieri che allora saranno fusse lecto alcuno che non fusse iurato del dicto porto e non avesse endica laquale mandasse apisa quello cutale essere non lasseremo consiglieri ansi ne chiameremo altro in suon luogo.

XII. De beni dei morti.

Item juriamo che tucti e ciascheduni beni diciascuno che morisse che annoi per saramento cifusse tenuto dimanderemo errichiameremo e in mano del nostro camerlingo pervenire faremo coniscriptura publica de nostro notaio liquali beni tenere e guardare sidebbiano per lo dicto camerlingo per cului che rascione avesse insu lidicti beni e cio non sintenda se elli ara facto testamento ellasato fideli comessali delli quali uno almeno ne sia presente siveramente che quando lodicto mercatante fara testamento che lidicti consuli uluno diloro sia tenuto dandare allui esse divolonta di cului che fa lo testamento procedra lo consulo sia tenuto difare scrivere lidicti beni al dicto notaio del porto.

XIII. Di non ponere data.

Item juriamo che non diremo ne consentiremo inalcuno consiglio dicastello dicastro che alcuna data visipogna alli mercatanti del porto liquali siano tenuti annoi per saramento ossiano stimati apisa sansa volonta di miei consiglieri u vero della magiore parte di loro. Ansi loro iusto lo nostro podere difenderemo. Esse contra ledicte cose faremo perdiamo del nostro salario liure tre dipisani per ciascuna volta.

XIIII. Chi non volesse jurare.

Item juriamo alle sante dio vaela che se alcuno mercatante non vorra fare losaramento del porto infra dì XV. possa che perlomesso nostro fusse richiesto più tosto che potro indella prima nave u legno che andasse apisa lomandremo dicendo alconsolo dipisa nominando colui colui chefacto nollavesse e neente di meno litogleremo perpena liure XX dipisani e che sia divietato del porto e delli mercatanti che nessuno possa collui fare mercatantia fine a tanto chelli facesse losaramento e avesse pagato lo bando.

XV. Di fare jurare li custori e misuratori.

Et justo lo nostro podere faremo jurare tucti custori e tagliatori di pani edicalze difare larte loro bene e lealemente sensa fraulde alcuna cometervi elli panni liquali tagleranno nen rendranno sansa la paraula delli mercatanti liquali gliavessero venduti. Esse alcuno diloro contrafacesse dia e paghi lo pregio tucto di quello panno al mercante dicui fusse infra di III. E locamarlingo delporto per pena soldi X dipisani perciascuna volta. Esse alcuno delli dicti custori e tagliatori rifiuta difare lo dicto saramento incontenente comandremo alli mercanti tucti del porto che non li debbiano dare alcuno panno ne esiandio stare innantileloro boteghe. E che limaestri de panni non debbiano avere piu di soldi octo daguilini di catenna robba dahomo e intendasi robba tre conci. E della gonella sola soldi III. e tanto della guarnaccia e ciotta o mantello soldi II. e di ciascuno flodulo soldi II. e non pio siveramente che non si intenda robba rinvergata affectata udintagli elli calsaiuoli non debbiano togliere del paio delle calse acoscia più di denari VII. e delli stivalecti più di denari VI. e intendasi asuoi spendi ne dipuntali ponitura pio di denari III. daguilini. E chi contra facesse sia condanato inciascuna volta da soldi II. insoldi X. daguilini.

XVI. Sopra le magagne de’ panni.

Et juriamo che infra dì XV. dalantrata del nostro officio chiamaremo tre mercatanti del dicto porto liquali debbiano essere sopra vedere edifinire lemagagne delli panni lani e di lino edebaraccani. E allora comanderemo per saramento chelle magagne tucte debbiano vedere e sentensare abbuona fe sensa fraude lomeglio che sapranno asalvamento delle parti esseranno electi da alcuna persona per estimare corredi dimatrimonio o quelli corredi stimeranno abbuona fe sensa fraude asalvamento delle parti liquali abbiano eavere possano per liura delli corredi liquali stimasseno denari uno da ciascuna delle parti edequali denari siano tenuti didare ongni anno al camarlingo del porto soldi cinque daguilini.

XVII. Di chiamare modulatori.

Et juriamo che chiameremo tre modulatori demercatanti del porto liquali debbiano cercare e investigare tucto ciò che lo camerlingo del porto ara aministrato. E cio che si trovera appo lodicto camerlingo vechio sia tenuto didare errinunsare alcamerlingo nuovo infra di octo apena di liure X. dipisani.

XVIII. Di non fare mercatantia a X. miglia preso a castello dicastro.

Et juriamo chese alcuno mercatante del porto misera acusato elegittimamente lisera povato che alcuna mercatantia presso a X. miglia acastello dicastro faccia u tracti. E sopra cio sensa che osiano accusati siano tenuti li consuli di dimandare o cercare sealcuno facesse mercatantia infra le dicte confine ecepto vino litolleremo perpena soldi L. di denari pisani. Esse cio noi consoli nonfaremo perdiamo dipena in soldi XL dipisani.

XVIIII. Di fare iurare litestimoni.

Et iuriamo allesante dio vaela cheli piati che fusseno incominciati dinanti danoi e di quello piato sia bisogno didare testimoni quelli testimoni faremo iurare siche leparti siano presenti urichieste e quelli testimoni dimandremo collo nostro notaio. Ello dicto diquellitestimoni faremo scrivere aldicto Notaio. Esseldicto piato alcuna delle parti midira udimandra che noi nabiamo consiglio disavio che noi quello consiglio aremo aspese dicolui chello dimandra se parra aconsuli e consiglio. Ello dicto consiglio del savio faremo aspese dicolui chello dimandra se parra aconsuli e consiglio. Ello dicto consiglio del savio faremo scrivere al notaio nostro e cio che sicontera in del dicto consiglio faremo e osserveremo efare eoservare faremo.

XX. Dandare alli Castellani.

Et juriamo alle sancte dio vaela che quante volte saremo richiesti da alcuno mercatante del porto per andare collui alli castellani u adalcuno signore u officiale per cagione dalcuna ingiuria cheli fusse facta da alcuno andremo collui. E quello chesi converra didire sopra cio per utilita diquello mercatante. diremo e proporemo dinansi dallui quello che piacera al mio consiglio. Elli consuli siano tenuti difare consiglio dandare alli castellani apetitione diquello che dicesse recarvere injuria. E sopracio sidica quello che perlo consiglio fideliberato. E se contra questa faremo cadiamo in pena di soldi XX. dipisani per ciascuna volta. E ciascuno mercatante loquale noi facessemo richierere pervenire connoi allora e non volesse venire li torremo per pena di ciascuna volta che contra facesse soldi XX. dipisani.

XXI. Di non tollere avaria.

Et juriamo noi consuli che nulla avaria tolleremo uvero tollere faremo perlipagamenti dei feiedelli amescere de consoli e consiglieri e dalcuno altro officiale del dicto porto dequali salari e amescere sisodisfaccia loro della intrata del naulo delli pondi che sirecasseno indellilegni sigurati perlo porto sansa naulo. E se alcuna cosa mancasse sisifacciano per orrata. E ciascheduno cosi lo consulo come gli altri che avere deno.

XXII. Della opera della ecchiesa (4).

Allonere della beata vergine. maria. Noi consuli siamo tenuti di fare dare dal padrone di catuno legno loquale sinaulegiasse impisa u in callari perlo porto loquale caricasse da 1. pondi ingiuso soldi V. daguilini e da 1. pondi in suso soldi X. daguilini minuti al camarlingo overo operaio del dicto porto incallari liquali sidebbiano dare indellopra della ecchiesa disanta maria di porto avolonta e ordinamento dei consuli delli mercatanti del sopra scripto porto dicallari.

XXIII. Della Luminara.

Item faremo fare etenere in della festa di santa maria anunsiata del mese di marso appo la ecchiesa disanta maria diporto luminara ditucti gliomini jurati delporto soprascripto di Kallari sidegli artefici come dimercatanti lacera dellaquale luminara faro venire alle mani di colui che piacera al consiglio del soprascritto porto dicallari per lasoprascripta ecclesia.

XXIIII. Di fare iurare locamerlingo.

Item juriamo che faremo jurare ciaschuno delli camarlinghi alle sante dio vaela che tucto quello che alle loro mani verra u daltrui per lui cagione dello officio del camerlingatico diguardare esalvare e fraude non comectere elquanti consuli del porto di Kallari valloro camarlingo rinunsare e dare tucto che alle suoi mani verra per lo dicto porto salvo lifei elliamesceri liquali sideno dare secondo la forma di questo breve ecepto quello chesispendesse perparaula delli consuli udello uno diloro comparaula del consiglio udella magiore parte diloro loquale camarlingo indetto officio del camerlingatico debbia obedire alliconsuli. Apena di soldi XL. dipisani per ciascuna volta. Laquale pena liconsuli siano tenuti ditoglierli persaramento. E che tucti lideniti liquali lodicto camerlingo suo antecessore arra facti. E allui facta prima rascione come tenuto e rinunsera. Noi consuli rendere faremo delli beni deldicto porto salvo che locamerlingo di suo proprio infine in liure XV. daguilini possa e debbia prestare se bisogno fusse per rendere alli successori. E non possa alcuno essere chiamato. Ne chiamato jurare lofficio del camerlingatico se aquello medesmo officio sia stato per anni due innansi.

XXV. Delle credense.

Et juriamo noi consuli che lecredense le quali imporro alli miei consiglieri jo in credensa terro ne dremo paraula ad alcuno dellinostri consiglieri dimanifestare quelle ne dare faro infine altermine posto inquella credensa.

XXVI. Difare quello che fidato perconsiglio.

Et juriamo che tucto quello che dato cifosse per consiglio dalli nostri consiglieri udalla magiore parte diloro quello faremo e  compieremo. Senon rimanesse per altro consiglio che saramento facto nefusse. E che non sipossa rompere alcuno consiglio. Sequello medesmo consiglio uper simile con alquanti aiunti non si rompesse.

XXVII. De bandi e divieti.

Bandi edivieti. Se alcuno ne facessemo o imponessemo per consiglio facto nel nostro modo, lapena quine imposta a colui che contrafaccesse tolleremo infra di VIII. possa che caduto vi sera. Elli dicti bandi e divieti facti. Noi consuli oserveremo sicome lidicti mercatanti ella pena al dicto camerlingo pagheremo. Esse non faremo pagare le pene per lo modo che dicto e che simporrano infra lodicto termine se delli beni delli delinquenti tanto trovare si potra cadiamo noi consuli per ciascuna volta in della pena del doppio diquello che lascieremo diricogliere.

XXVIII. Degli Legni.

Nulla nave u legno acatremo impisa oin sardigna laquale non debbia portare cantara XX per pondo. Ellegati XXX. Dilana per pondo. E cantara XX. dogna lana sardesca u del garbo insacchi o inisporte u boldroni per uno pondo. E staia XXIIII. digrano. E staia XXX. dorso in uno pondo. E indecantari demercatanti portare portare parispuoli e machaiche e scarpigli e quelle tucte scrivere in quaderno e che lo camerlingo ello nigheo jurino come indelloro breve si contiene. E che non dremo paraula alcuna alli marinari e nighei diquelle cose che sono tenuti di fare.

XXVIIII. Di non essere consulo.

Et juriamo chese alcuno sera consulo o capitano dalcuno porto disardigna non possa nedebbia essere consulo demercatanti del sprascripto di Kallari in quello anno utempo.

XXX. Davere fermo cio che fi facto per li antecessori.

Et noi consuli juriamo alle sancte dio vaela difare e observare e fermo avere tucte le cose le quali li nostri antecessori oluno di loro ara facto perlo dicto porto con volonta del consiglio o della magiore parte diloro. Non ostante alcuno capitulo di questo breve.

XXXI. Di cognoscere le discordie.

Et noi consuli juriamo alle sancte dio vaela che se alcuna discordia sera tra mercatanti quella discordia. Difiniro e cognoscero sansa induscio difuori dordine perascione u laudamento u convento se perlaudamento uconvento innoi posto sera abuona fe sensafraude.

XXXII. Di pagare lideviti delli antecessori.

Et juriamo chelli deviti liquali li consuli nostri antecessori u alcuno diloro cirinunsera pagheremo u pagare faremo alcamerlingo del porto infra uno mese proximo dalla intrata del nostro officio de beni del dicto porto.

XXXIII. Se alcuno dicesse villania a consuli o aconsiglieri.

Et juriamo se alcuno demercatanti del porto dira alcuna villania uparaula ingiuliosa ad alcuno de consuli u de consiglieri perrasgione delloro officio. Allui condannero et togliero perpena liure X. dipisani epiu avolonta del consiglio e fareli venire inmano delnostro camerlingo enon dimeno lofaremo accusare alli castellani.

XXXIIII. Se alcuno avesse ricevuto dono.

Et juriamo che se alcuno sapremo utroveremo delli nostri antecessori cosuli ualtri oficiali del dicto porto da IIII. anni proximi indirietro passati per cagione dalcuno legno unave sigurata per lo dicto porto alcuno dono pregio o servigio avere ricevuto u avuto per se u per altrui o che avesse dato alcuno aiuto o consiglio ad alcuno sbandito del soprascripto porto u che avesse facto alcuna altra cosa contra la forma dello breve u contra lutilita ellonore demercatanti e della mercatatantia del soprascripto porto lorecro alconsiglio dellinostri consiglieri e cio che alloro u alla maggiore parte di loro nepiacera sine faremo e osserveremo.

XXXV. Di cercare e investigare li beni del porto.

Et juriamo che cercheremo e investigremo tucti li beni elle cose del porto lequali cose serano venute alle mani delli nostri antecessori u a altre persone e operremo estudieremo che vegnano alle mani del nostro camarlingo.

XXXVI. Di pesare tucte le mercatantie.

Et ordiniamo che tucte lemercatantie cosi sardesche come lautre fusseno recate che si comperanno u vendranno in castello dicastro cioè quelle mercatantie che sono usate dipesare acantari si debbiano pesare acantari dal comune dicastello di castro esimigliante tucte le mercatantie che si comperanno uvendranno in castello dicastro esimigliante tucte le mercantie che si comperanno u vendranno in castello dicastro. Acentinaio si debbiano pesare. Al centinaio grosso del dicto comunie e none ad altro peso e intendasi che noi ciabbiamo una statea. Grossa a cantare euna di centinaio cioè quella deldicto comune.

XXXVII. Di elegere homini sopra le navi e legni da caricare.

Et che noi consuli siamo tenuti infra di X. della intrata del nostro officio fare elegere a consiglieri del nostro porto u alla majore parte diloro in nostra presensa due citadini jurati delnostro port. liquali cittadini cosi ellecti cosi siano tenuti per saramento a pena di soldi XX. dipisani. Andare al porto di Bagnaia avedere e cercare qualunqua nave o legno fusse naulegiato per alcuno mercante seli corredi fosseno sufficienti a lanave bene concia per navigare. Esse ladicta nave o legno non  fosse bene concia e aparechiata dibuoni corredi che quello mercatante che naulegiato lavesse caricare non possa in fine chenonfusse concia asalvamento eindella dicta nave e legno ponere lanella alsalvamento delcarico inanti che cominci acaricare sia tenuto apena diliure X. dipisani. Andare alli consuli u alcuno diloro e dire che debbiano mandare lidicti mercatanti cosi electi acercare e vedere ladicta nave elegno emettere lanella come dicto oe. Esse poi lopadrone della ditta nave ulegno caricasse oltra ledicta anella lidicti consuli siano tenuti difare quello soperchio scaricare eneentemeno togliere al padrone per pena liure X. dipisani liquali mercatanti cosi electi avere debbiano debeni delporto per loro salario soldi XL. daguilini catuno lofficio dequali durare debbia mesi IIII.

XXXVIII. Davere una logia u botega per lo porto.

Et noi consoli siamo tenuti davere edi procurare una bottega indella ruga dellimercatanti lauve piacera anoi eal nostro consiglio e per quella pisgione che alloro piacera indella quale bottega debiano stare lecanne elle statere. Lapigione dellaquale sidebbia pagare debeni del dicto porto. E averui panuesi espiedi ulance quante parra a consuli oconsiglio e intendasi chella dicta bottega uloggia sia tralle due traverse. Siveramente che in quella bottega non si possa fare alcuno giuoco ligiorni che banchi o botteghe sitegnano. Negli altri giorni visipossa giocare a gioco perlo breve delli castellani divietato. Esse alcuno vi giocasse contra ladicta forma per ciascuna volta li consuli siano tenuti ditogliere per pena diciascuna volta in soldi XL. di denari pisani. Esse alcuno cosi cittadino come borghese contendensse li consuli elo loro consiglio siano tenuti dacusarli alli castellani per saramento e pena di liure due di denari pisani avuo del porto.

XXXVIIII. Capitulo dei sensali.

In nomine patris et filii et spiritus sancti Amen. Lo sensale chiamato da consuli pisani del porto di Kallari e dalloro consiglio V. dacastellani u dalloro consiglio u daunde fosse chiamato per ordine dicomuno juro alle sancte dio vaela che questo mio officio del sensalatico alquale chiamato sono faro geiro tractero eportro aonore e autilita e acrescimento del populo dipisa e del nominato castello dicastro e suo populo e al salvamento del venditore e compratore. Studieremo dacrescere e megliorare tucte merce lequali alcuna alcuno pisano cittadino edel sudistrecto vendesse u comperasse ume me non sapiente dicomperare o divendere vollesse. A utilita eproficto eacrescimento di tucti lipisani cittadini e Borghesi del dicto castello e nigossante del pisano distrecto. Et me lealmente epuramente aro intucti mercati fare e compiere assalvamento delleparti perlequali affare saro. E che veritade laquale dal comperatore e venditore a me data fi sopra lo facto overo quantita del pregio del mercato alloro e aciascheduno diloro sansafraude diro. Et etiam dio non quinde adomandato. Esse cognoscero chelle cose u vero mercantie alcune lequali per mio sensalatico vendute siano u vendere si debbiano siano magagnale u abbiano magagna. Quella magagna diro e manifestero al comperatore, e al venditore esiandio non quinde adimandato. Esse alcuna discordia fusse tral comperatore el venditore dalcuna magagna la quale fusse indelle merce: u cose lequali per mio sensalatico vendute fusseno esse della dicta magagna fusse discordia e inme posta fusse quella finiro lomeglio chesapro sensa fraude esansa scripti. E se discordia alcuna fi intral venditore ello compratore dalcuno o per alcuno mercato u per sua cascione. E che per mio sensalatico sia facto equinde adimandato saro dasignori consoli u da alcuno di loro u arbitri u albitro quinde chiamato verita tucta laquale quinde sapro diro e manifestero sansa frodo. E aquelle persone upersona lequali poste sarano u sera sopra ricevere la intrata del comune dicastello. E tucte le cose vendente deiforestieri tuctele quali per mio sansalatico vendute saranno u ame date fino u sapro che vendute siano delle quali diritto sidebbia dare diro e manifestero. Esse contra faro li consuli del dicto porto ciascuna volta mipossano e debbiano a me tollere per pena di soldi. C. infine in libre 1. dipisani alloro volonta specto alla qualita del peccato edella persona.

XLI. Anco juro alle dio sancte vaela chello dicto officio della sensaria non ricevero se io non saro cittadino dipisa u borghese di castello dicastro u nato indel contado u distrecto dipisa. E inelquale soprascripto castello sia stato borghese per anni X. continui. Ne jurero se saro vergente ad inopia u aro pagata la mia moglie u aro in alcuna parte facta galliga uin alcuno judicio saro condannato per falsita. E nasti ad intendere che abbia facto galliga che fusse cessato collaltrui di libre. C. insu dipisani. Esse contro faro lidicti consuli mi possano edebbiano tollere per pena libre XX. dipisani e non dismeno del dicto officio mecacciare. Esse li dicti consuli alcuno sensale justo lo loro potere contra la dicta forma lasera sensalia fare unon punira licontra facienti caggia inpena per ciascuna volta e per ciascheduno sensale contrala dicta forma facendo lofficio della sensalia inliure X. dipisani avuo del porto di callari.

XLI. Anco juro alle di sancte vaela che infine atanto che alcuno sensale con alcuno mercatante sera per fare alcuno mercato non Andro al dicto mercatante. Esiandio sello mercatante per comprare alcuna cosa fi sensa sensale ma me quindetanto cessero che non possa essere veduto dal venditore ne dal comperatore. Esse contra faro lidicti consuli ciascuna volta mipossano e debbiano togliere per pena soldi C. infine in liure X. dipisani e di questo sia dia fede al dicto del mercatante e quinde nulla sensalia avere nonpossa ne debbia.

XLII. Anco juro allo dio sancte vaela che infine a tanto che in del dicto officio della sensaria saro non mercato ne mercatantare faro u mercatantia fare u fare fare faro in alcuno modo orascione alcuna. Esse contra faro li dicti consuli ciascuna volta possano edebiano a me tolere per pena liure L. dipisani. E ne ente dimeno dal dicto officio cacciare. Esse questo capitulo li consuli non osserveranno caggiano inpena ciascheduno per ciascuno sensale che contraladicta forma laseranno indelo officio della sensalia diliure X. di pisani avuo del dicto porto.

XLIII. Anco juro allesancte dio vaela che lodicto officio della sensalia non ricevero uricevere possa udebbia in alcuno modo u ragione alcuna se io saro usorieri u ausura presti udia uprestare udare faccia. Esse contra faro possa edebbia dadicti consuli essere punito e condannato in liure XX. dipisani e neente dimeno dal dicto officio cacciato.

XLIIII. Anco juro alledio sancte vaela che non faro nericevero senon mesi VI. tanto enon oltra eglialtri mesi VI. vachi e vacare debia delladicta sensalia. Esse contra faro possa edebbia ciascuna volta essere punito e condanato dadicti consuli in liure XX. didenaripisani e neentemeno casato daldicto officio si veramente chelli sensali non possano essere nedebiano più di XII. E debbiansi chiamare perli consuli econsiglio ascottino secreto salvo del nomero delli sensali edelle vacagioni se perli castellani u perloro consiglio u perlo consiglio delli consuli letre parti delle quatro inconcordia altro provedranno chequello modo uavesseno proveduto se non oservino questo capitulo. E quale facesse sensalia che nonfosse di questi XII. u daltro nomero per lo consiglio delli castellani uconsuli chiamato non vaglia netegna suo mercato. E sia condannato per ciascuna volta in liure X. dipisani. E questo non sintenda per coloro che lano per consiglio dapisa.

XLV. Anco juro alle dio sante vaela che non faro sensa alcuno intendimento ame dato u cheinansi misidesse presso u che innanti misi desse preso u che a me daresipotesse che per mio sensalatico u per sua cagione lo quale faro ufare debbia nontollero upigliero ne togliere ne pigliare faro ne lasero dono merito uguigliardone alcuno altro pio che disotto in questo breve sicontiene. Esse cognoscero dinansi al mercato facto upoi essere dato u ricevuto quello u lo suo valore caggia impena daltrectanto avuo del porto esse conntra faro lidicti consuli possano edebbiano me punire e condannare inliure XX. dipisani per ciascuna volta. E di cio siano tenuti liconsuli difare inquisitione ogna tre mesi. E punire chifitrovato contra lidicti udisocto scripti ordinamenti apena diliure X. didenari pisani avuo del dicto porto.

XLVI. Anco juro alle sante dio vaela che per questo mio officio della sensalia. Nulla setta compagnia u cospiratione con alcuna persona uluogo faro u fare faro in alcuno modo u rasgione ese quella fei con alcuno u alcuni inalcuno modo uveramente quella cassero equella non terro netractero in nullo modo alcuno tempo. Esse contrafaro possa edebbia dadicti consuli essere punito e condannato inliure L. dipisani e neente dimeno daldicto officio essere cacciato.

XLVII. Anco juro alle sancte dio vaela che non andro umandro umandare faro per me e per altrui ad alcuno legno vegnente al porto dibagnaia dicastello dicastro uvero stante indel dicto porto inalcuno modo uveragione per quello legno naulegare usigurare ne alcuno mercato usansalatico fareufare fare difuori dicastello alcuna cosa u mercie dalcuna persona uluogo esse contra faro. Ciascuna volta possa edebbia dadicti consuli essere punito e condanato in liure XX. dipisani enon dismeno essere cacciato dal dicto officio.

XLVIII. Et che nullo possa lofficio dellasensalia fare ne esercere se non quelli che ciascuni VI. mesi secondo che disopra edetto chiamato sera sensale e chi contra facesse possa edebbia dalli dicti consuli essere condannato inliure XXV. dipisani enente dimeno cacciato daldicto officio.

XLVIIII. Anco juro allesancte dio vaela che non Andro ad alcuna casa ubottega con alcuno mercatante uinaltro modo per fare alcuno mercato seio quine alcuno sensale vedro fino atanto che quine fi ese contra faro ciascuna volta lidicti consuli impossano condannare in liure X. dipisa ni infine in liure L. posto mente la qualita del peccato edelle persone edi questo sicreda e fede sidia alla simprice paraula del mercatante. Contestimonia dunaltro mercatante degno di fede.

L. Anco juro alle sancte dio vaela che sella caparra o lodenaio amedato fusse sopra alcuno mercato che sifara che sopra quella caparra altrui oltra lodenaio didio non ricevro nemercato faro ne alcuna persona sopra quello mercato menero se imprima laprima caparra odenaio didio sera renduta a colui chella caparra o la paraula a me diede didare lodenaio didio. Esse contrafaro lidicti consuli mi possano edebbiano condannare ciascuna volta da liure X. infine in liure L. dipisani posto mente allaqualita del peccato della persona eneentemeno daldicto officio essere cacciato. E alsoprascripto saramento e pena sia tenuto ciascuno sensale che alcuno mercato lo quale alcuno mercante limporrache cerchi. Non debbia ne possa ad altro mercatante rasgionare fineatanto che da colui che prima negliara imposta data esia intucto partito dallui aviendo lomercatante intucto quello mercato lasato.

XLVIIII. Anco juro allo dio sante vaela che se alcuno forestieri del distrecto dipisa vendra meco alcuno avere dalcuno pisano citadino o borghese deldicto castello u del distrecto dipisa per lodicto avere non portro caparra perlo dicto forestieri senno per mecato facto e compiuto enon perivenderlo e se contra faro. Liconsuli mipossano edebbiano condannare in liure XX. di denari pisani. E neente dismeno essere cacciato daldicto officio.

LII. Et juro alle sante dio vaela che tucti licomandamenti qualunqua lidicti consuli ualcuno di loro ame faranno liquali no siano contra questo mio officio u andanno u ameminamento dirascione dalcuna persona. Che selo comandamento facto mifi per alcuno de consuli con ualonta dellaltro e della maggiore parte del consiglio chella condannasgione paghero e del officio non mai inimpacero se conceduto nomifi per li consuli e consiglio o per lamagiore parte diloro faro eoservero sensa fraude e se contra lo mio saramento e oficio faro e lisoprascripti consoli oluno diloro amme comandasseno che diquesto oficio della sensaria me no intromectere facto a me lo comandamento. Io sensa loro u luno diloro paraula quine nomitromectero ne quello faro se serearo inalcuno modo u ragione. Esse contra faro possa edebbia dadicti consoli essere punito e condannato in soldi C. di denari pisani ciascuna volta e nondismeno dal dicto officio essere cacciato.

LIII. Anco juro alle dio sante vaela che sevedro u sapro in alcuno modo o ragione alcuna fare e exercere lodicto officio dellasensalia senon daculoro tanto che ciascheduni VI. mesi aquello officio della sensalia chiamati fieno secondo chedicto oe incontenente aquelli consuli o alcuno diloro diro e manifestero etiam dio seio cognoscero alcuno delli miei compagni sensali contra lo saramento diquesta arte fare quello di olo seguente poi che colui contra lo saramento cognoscero avere facto alli soprascripti consoli u alluno diloro lorinosero. Lecredense lequali mifienno imposte dalli consuli u da alcuno diloro per lo facto della mia sensaria lequale non siano menimamente dal cuna persona della cita dipisa u del distrecto o dicastello dicastro in credensa terro e a danno della credensa anulla persona lomanifestero esse contrafaro possa edebbia dadicti consuli ciascuna volta essere punito e condannato da soldi C. infine ilure d X. dipisani.

LIIII. Et juro alle sante dio vaela che no diedi u promisi dare u promectere fei u perme u per altrui allisoprascripti consuli o allisoprascripti consiglieri loro u dalcuno diloro alcuna cosa per questo mio officio della sensalia avere. Esse sapro alcuno no essere pisano cittadino udel suo distrecto uborghese deldicto castello loquale sia sensale V. lo dicto officio faccia. Allisoprascripti consoli u allunno di loro lo diro emanifestero inmanifestero infra di III. poi chello sapro e che non diro altrui con quale procurero di fare alcuno mercato. E se contrafaro debbia essere condannato per catuna volta in soldi C. di denari pisani u che che io dica possolo avere per cotanto pregio u cotale vuole ame dare per entanto pregio le cose e merce simigliantemente delle quali procuro difare mercato. Esse contradicte cose faro sia condannato in soldi C. di denari pisani.

LV. Anco juro alle dio sante vaela dino prendere ne avere u prendere u avere fare per me o per altrui dal cuna persona o luogo permio sensalatico senon secondo loinfrascripto modo cioe dal venditore e compratori daciascuna parte eda ciascuna parte sintenda la quantita che disocto e scripta e denari aguilini minutj (5).

Di ciascuno cantaro dilana e di boldroni. Barbareschi per parte..   Dr     II.

E del centenao dagneline sardesche parte…                              Dr     I.

E del centenao de cottono per parte…                                        Dr     II.

E di catuno centenaio dagneline digarbo per parte…               Dr     I.

E del centenaio del cotone filato per parte                                 Dr     II.

E del centenaio delle montonine per parte                                 Dr     II.

E del centenaio di cerbune e beccume per parte…                   Dr   IIII.

E del centenaio de conigli per parte…                                       Dr     II.

E del centenaio de sucaro per parte…                                        Dr     III.

E del centenaio de sucaro per parte…                                        Dr     III.

E del centenaio dagneline cilianesche per parte                        Dr     II.

E del centenaio dilacha pepe mustica e zezano per parte…     Dr     III.

E del centenaio della canella per parte…                                   Dr     III.

E di starella cento digrano per parte…                                       Dr     V.

E del centenaio dellorso per parte…                                          Dr     III.

E del centenaio della canapa filata per parte onno…               Dr     I.

E del centenaio dilariento vivo per parte…                                Dr     II.

E del centenaio delle cuoia per parte…                                      Dr     II.

E del ciascuna liura dipregio dicase spassi tre per parte…      Dr     I.

E del pondo del cacio per parte…                                               Dr     IIII.

E di catuna liura dimatrimonio per parte.                                  Dr     I.

E del legati XXX. di lana sardesca per parte                             Dr     IIII.

E del lasporta della pece per parte…                                          Dr     I.

E di catuna libra diseta torta per parte…                                    Dr     I.

E del lapessa delarbagio e tacolino per parte                             Dr     II.

E di ciascuna pessa diporpore per parte…                                 Dr     II.

E del la pessa depanni scarlacti e franceschi di colore per parte…    Dr     VI.

E di catuina pessa disendado per parte…                                   Dr     I.

E del lapessa dipanno dipra perparte…                                      Dr     III.

E del canone delloro filoto per parte…                                      Dr     IIII.

E del lapessa del panno diparigi per parte                                 Dr     III.

E del centenaio del cambio de bisanti doro per parte…           Dr     VI.

E del la pessa disaia dicamo – parte…                                       Dr     IV.

E del centenaio dibizanti dimigliaresi per cambio per parte…     Dr     II.

E del la pessa dipanni stanforti per parte..                                 Dr     II.

E del centenaio diverzi per parte…                                            Dr     IIII.

E del la pessa dipanni pisaneschi per parte e messalane…      Dr     II.

E del centenaio della galla per parte…                                       Dr     II.

E del centenaio della lume per parte custoli e succaro…         Dr     IIII.

E del la liura delle perle pietre presiose e gemme parte…       Dr     IIII.

E del centenaio dicatuno altro alume per parte                         Dr     I.

E del centenaio della cera per parte…                                        Dr     II.

E del centenaio della g ra per parte…                                        Dr     VI.

E del la balla de baracani per parte…                                         Dr     VI.

E del centenaio dibraccia di panno lino e barachanj pontremolesi che e daltri baracani che si misurano – per parte                                Dr     I.

E del centenaio dibraccia di baldinella – per parte …               Dr     II.

E della liura di pregio di safarano per parte                               Dr     7

E di ciascuna liura di noci moscate o dindia per parte…         Dr     7

E di quella di garofoli – per parte…                                           Dr     7

E del centenaio di zattovaro per parte…                                    Dr     II.

E del centenaio doncenso – per parte…                                     Dr     II.

E del migliaio di catuno rame per parte..                                   Dr     XIIII.

E del centenaio distagno per parte…                                          Dr     I.

E del centenaio diliure che sacatasseno imprestansa – per parte…    Dr     VI.

E del centenaio diliure che saccatasseno per pagare apisa o altro – per parte…   Dr     VI.

E della giorra del catrame – per parte…                                    Dr     I.

E del centenaio distoppa dacalcare per parte                             Dr     I.

E del centenaio distoppa dacalcare per parte                             Dr     I.

E di catuna liura dilegname otaule per parte                             Dr     7.

E del laliura diciascuno salvaticume concio e non concio digarbo cicilia esardigna per parte        Dr     7.

E di ciascuno marco dariento – per parte.                                  Dr     7.

E di ciascuno pregio di liura dilegni e navi – per parte…        Dr     7.

E di catuna bocte di vino – per parte…                                      Dr     III.

E del centenaio del carne salata per parte                                  Dr     I.

E del centenaio del corallo per parte…                                      Dr     VI.

E del centenaio dellino per parte…                                             Dr     II.

E di catuna uncia doro sivendesse apeso per parte…               Dr     I.

E di catuno cantaro C. di piombo per parte                               Dr     XVIII.

E di catuno centenaio diferro per parte…                                  Dr     7.

E della liura delloglio per parte…                                               Dr     7.

E del naulegamento di catuna nave con coverte – parte…      f        XX.

E di quella di due coverte – per parte…                                     f        XV.

E di barca coverta per parte…                                                     f        V.

E di catuna galea – per parte…                                                   f        X.

E di della barca scoverta – per parte…                                      f        II.

E di cantara cento daguilecta – per parte..                                 f        I.

E di catuno centenaio dindico dibagade per parte…                Dr     IIII.

E della cascia delle carte dibabacia – parte                                Dr     VI.

E del centenaio digoma arabica – per parte                               Dr     II.

E del centenaio dipolvere disucaro – per parte                          Dr     II.

E del centenaio di donte di leofante per parte                           Dr     VI.

E del centenaio dalcacosso fistulu per parte                              Dr     II.

E del centenaio dandatali – per parte…                                     Dr     I.

E del centenaio di comino – per parte…                                    Dr     I.

E del la pessa di giambellocto per parte…                                 Dr     II.

E per pregio dicavalli – per parte…                                            Dr     I.

E per predicto di liura daltra bestia di IIII. piedi parte…         Dr     I.

E della liura dipregio diservi e dancille…                                   Dr     I.

E di ciascuno pregio diliure di tucte altre qualunque cose emerce non spacefficate nenomite – parte…    Dr     7.

E di catuno baracto che si fara dicatune cose u qualunqua merce abbia diquella cosa camme più piacera secondo che avere debbo esse condochelle dicte mercatantie e cose poste sono disopra.

E di catuna pessa dipanno nerbonese eper pigano – parte…   Dr     III.

E di catuna pessa di baraccani vergati vermigli e paliocti – per parte…       Dr     I.

E di catuno naulegamento dipondate che facesse alcuno che no naulegasse tucta lanave o legno per pondo – parte…                                  Dr     I.

Di catuno farsecto coperto io carpite tappeti – per parte…      Dr     7.

LVI. Et juro allesante dio vaela che tutti li mercatanti che ame si faranno di qualunquacosa e mercie per casgione dimio oficio dellasensalia rechero inscripti u recare faro siche quandunqua amme si domandasse deldicto mercato e del tempo libera mente mossare possa edebbia equella scriptura appo me sempre aro eterro. In del mostramento della quale scriptura neunacosa pigliare possa nedebbia u pigliare fare. Esse contra le dicte cose faro liconsuli me concondanare possano edebiano per catuna volta in soldi quaranta di pisani.

LVII. Et juro allesancte dio vaela questo mio breve appo me sempre tenere eavere sempre volgarisato e quello mostrare e mostrare fare a ciasche duno dimandante evolente quello vedere. E quello mio breve legero eleggere faro ealle genti lodiro chetamente epacefficamente ciascheduni III. mesi di tucto lotempo delmio officio e se questo nonfaro enon observero possa e debbia dalli consuli essere punito e  condanato in soldi XL. denari pisani e nondismeno essere daldicto officio cacciato.

LVIII. Ordiniamo che se alcuno mercato si facesse per alcuno sensale e lodicto mercato rimanesse per giusta cagione la quale casgione si di scherna per li consuli e per loro consiglio u per la magiore parte di loro che lo dicto sensale di quel mercato avere ne tollere debbia ne una cosa da nulla parte. Esse contra facesse li dicti consuli posano edebbiano quello cutale sensale catuna volta punire e condannare in soldi XL. dipisani.

LVIIII. Et juriamo noi consuli alle sante dio vaela che infra uno mese alla intrata del nostro officio comandremo ucomandare faremo a tucti limercatanti del porto di callari apena di liure XXV. di pisani avuo del porto che tucti e ciascheduno legni da cinquanta pondi insu, che perloro uper alcuno diloro u per altra persona per loro si naulegherano per andare apisa lo quale legno diforestieri che in quel mercato dinalegiamento. Mectano efermino che lo padrone diquello legno debbia avere e  menare uno pedoto pisano udel distrecto dipisa e marinaio buono esuficiente aspendi e salario del padrone. E altramente naulegiare nonpossano nedebbiano alla pena soprascripta. E non dismeno sintenda che nullo legno diforestieri sipossa del porto partire sensa pedoto per andare apisa. Elli consuli siano tenuti iusta loro podere difarlo oservare apena di liure X. per ciasche duno diciascheduno legno che sensa pedito sipartisse. Laquale lidicti consuli siano tenuti difarla pagare a camarligo del porto appena per ciascheduno diloro di liure X. dipisani. E tucti legni che sinaulegiano per andare apisa si debiano naulegiare per li dicti mercatanti che siano tenuti lidicti padroni di rendere e dare alle loro spespese lamercatantia e cose che in callari caricaranno impisa tralli due ponti e altramente naulegiare non possano nedebbiano alla soprascripta pena.

LX. Et simigliante atucti licitadini dipisa che fumo incastello infra lo sopra scritto termine comandremo per saramento. Che quado mostra darme dacavallo o dappiedi si fa in castello che non debbiano alcuna loro arme o dalcuna persona prestare ne fare prestare e chi la prestasse o facesse prestare sia condannato da dicti consuli in liure X. dipisani per catuna volta che contra facesse. E ciò si faccia e si consenta pero chelli borghesi sano da loro armati.

LXI. Et siano tenuti lidicti consuli per saramento e pena liure XXV. dipisani che quando elli vedesseno o sentiseno che indel dicto castello dicastro sivolesse giocare o combattere amassachudo incontenente ellino con quelli cirradini che parra loro andranno allicastellani e operare alloro podere che quello giuoco ubattaglia non si faccia in alcuno modo.

LXII. Et ciasche duno mercatante che habiti indella ruglia de mercanti cosi borghese come citadino non debbia tenere lidi delle feste alcuno tettarello chinato ansi sia tenuto dilevarlo si che sia levato ansi che suoni alla messa apena di soldi X. dipisani laquale pena siano tenuti li consuli di farla pagare al camerlingo der porto per saramento apena loro disoldi X. dipisani.

LXIII. Et che alcuno officio del nosso porto non si possa ne debbia chiamare alcuna persona che non sia cittadino ujurato al porto a pena di soldi C. dipisani achi chiamasse u ricevesse. E questo non sintenda ne del pesatore ne del messo del soprascripto porto ne de misuratori nesensali.

LXIIII. Et juriamo noi consuli chella piassa delle mura terremo e guarderemo per lo porto e quella possederemo e alogheremo seci parra annoi e al nostro cosiglio aquel pregio siveramente che non sintenda si possa allogare senno in suo tempo catuno consulato e alloghisi perlo camarlingo con voluntade consuli e consiglio u a magiore parte diloro. E ciascuno che contrafacesse, sia condannato in liure X. dipisani.

LXV. Et che noi consuli juriamo e siamo tenuti apena di liure XXV. labotega che ora tegnamo per lo porto o altra che piacesse annoi o alnostro consiglio si che al postucto una bottega abbia loporto per tenervi ragioni e armadure altre cose bisognevili quella terremo emanterremo per onore della cita dipisa edi castello dicastro e del nostro porto e del nostro officio e delli nossi mercatanti pagando debeni del nostro porto la pigione a cului di cui e lacasa ufusse per inanti indellaquale continua mente debia stare la prospera del notaio delporto ello notaio debia dimorare esedere. Ello dicto notaio sia e essere debbia citadino u vero borghese incastello e sia ghibellino e amadore dipisa e diparte ghibellina buono e suficiente e sia chiamato perli consuli eloro consiglio siveramente che sia notaio quelli che abbia le tre parti delle quatro parti dele voci delli consuli e consiglio.

LXVI. Et questo breve li consuli che ora sono equelli che per lo innansi siano tenuti  edebiano intucto questo breve eservare enon alcuno altro breve salvo che inquelle cose che non sono inquesto spacefficate sine serveremo lobreve del mare della citta dipisa e se inquello non si vedesse chiaro quello che vedere volessemo sine seguitino lo cosiglio delli loro consiglieri al postucto esse piace loro quello dela vocato del porto. E qualunqua persona dimandra che voglia savio u avocato che quello lisia dato separra alli consuli e al consiglio davervelo altramente no e di cio si debbia fare partito tra consiglieri u lamagiore parte diloro.

LXVII. Et ciascuno mercatante stante incastello dicastro debbia avere etenere incasa sua balestro forvito diquadrella e dimoschecte e targia e lancia corasse u corecto. E ubidire liconsoli di cio che comandranno siveramente che sia cosa ordinata per questo breve uvero per li consiglieri loro u perla magiore marte diloro della quale apaia scriptura perlo notaio del porto apena di chi contrafacesse di soldi V. denari pisani in fine in liure cento secondo cheparra allidicti consoli e consiglieri e facciasi quella condanagione ascoctino sacreto lo quale scottino riceva lo notaio del porto elli solo sensa altra compagnia e elli lotegna credensa persaramento esoprascripta pena.

LXVIII. Et ordiniamo che per liconsuli si debbia chiamare tre homini buoni e leali liquali debbiano vedere lograno e lorso che si compera per li mercanti u altre persone che tenute siano al dicto porto. Sello grano ellorso e buono e sufficiente e non magagniato e se buono e suficiente non fosse che quello grano e orso non sidebbia ricevere per colui acui volesse essere. E che liconsuli siano tenuti edebbiano fare inquisisione contra colui acui fusse trovato alcuna biada magagnata. Esse troveremo chi questo facesse sia punito e condannato da soldi C. dipisani infine in liure L. dipisani secondo lo peccato ello simile sintenda di culoro chello comprano. Esiandio  siano tenuti li consuli persaramento epena diliure X. dipisani difare investigare chi questo facesse ogna mese almeno una volta e pio come parra alloro. Ese vedesseno ualloro fusse acusato che alcuno rivendugliolo magagnasse ufraude alcuna cometesse in alcuna biada. Contra colui siano tenuti e debbiano procedere e condannare e fuori della terra cacciare sicome parra loro e alloro consiglio. Esse per alcuna altra persona questo fosse concesso eperloro non sipotesse procedere che siano tenuti dandare alli castellani u ad altri officiali e quello cutale acusare e ordinare si justo loro podere che quelli che fusse trovato in questo peccato sia punito e condannato da quelli officiali. E nente dimeno cacciatosi sicome disopra sicontiene. E sia divietato intucto del porto e nesuno del porto possa collui fare alcuna compra u vendita ne darli alcuno aiuto ne consiglio a pena di liure XXV. di pisani avuo del porto e questa pena siano tenuti liconsuli difare oservare (6).

Correcto e amendato indella citta dipisa per ser ligo dimasseo e per ser donato sechamerenda e per ser Guido del tignoso. A di XV. daprile MCCCXVIIII. Che de consulo al dicto porto in pisa. Ser Becto Agliata.

Sit nomen domini benedictum exho nunc et usque in seculum (7).

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Intercetera que continetur in brevi portus de Kallari videlicet inter capitula dicti brevis pertinentia consulibus de Kallari videlicet capitulo quadrigesimoquinto dictorum capitulorum pertinentium consulibus de Kallari continetur sic.

Tenear ego consul dicti portus in Kallari facere et observare et exequi bonafide sine dilactione totum et quicquid pro suprascripto portu consul dicti portus pisani cum voluntate sui consilij vel maioris partis mihi per litteras sigillatas sigillo portus vel per instrumentum publicum scripserit vel significaverit non obstante aliquo consilio vel ordinamento. Et si contra fecero qualibet vice incurrat penam soldorum centum denariorum aquilinorum minutorum. Et quilibet consiliarius meus qui in currat penam soldorum quadraginta denariorum aquilinorum minutorum quas penas consul suprascripti portus pisani exigere possit et debeat. Et nullus se excusare possit nisi appareat scriptura publica quod per eum non stetit quominus mandatum non impleatur.

Quod capitulum missum fuit consulibus de Kallari a Guidone faulia consule mercatorum dicti portus stante pisis Millesimo Trecentesimo vigesimo Indictione secunda die sexta septembris. Et publicatum in publico consilio dicti portus per Gaddum notarium de fagiano scribam publicum consulum mercatorum portus de Kallari stantium in castello castri (8).

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Inperciò che per lo debile statu dile mercanti et dilimercatanti che in castello dicastro dicallari concurreno et probono et utile stato dilcomuno dipisa et del soprascritto castello et etiandio perlemercantie et perli mercatanti che in del dicto castello dimorano sia cautamente providuto. Statuiamo et ordiniamo che indela electione diliconsuli che si devono elegere indel dicto castello dicallari Leinfrascripte ordinamenta per ogne modo siano observate (9).

Inprima. Inche modo si debbia elegere liconsuli indeldicto castello.

Ordiniamo che delmese didecembre infra die octo alaintrata di questo medesmo mese loconsule che perlo tempo sera a pisa sia tenuto et debbia fare congregare indela ecchiesa disanto Michele deburgo delimigliori et più sufficienti mercatanti che cognosce che siano inpisa et che incastello dicastro facia mercantia overo avesse facta per per se u per compagni overo per suo factore ammino innumero di XX. asufficientia dimercatanti. Aliquali faccia legere linomi etli sopranomi diquelli mercanti che cognosce che siano indel dicto castello dicastro. Et sequentemente propona che considerata laqualitate del dicto castello etlemercanti etdilaltre cose che cola sono necessarie et odita la sufficientia delihomini che cola sono consiglino et consigliando dicano sideli altri homini che cola fossino daloro vindessino chi in quello officio diloconsulato reformando overo siparte diqueloro et parte di quelli sono oche serano apisa overo siintutto diqueloro che inpisa serano elmodo e laforma perlaquale operlequali alloro piace che lodicto consulo si lega.

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Che nulla persona possa ne debbia essere consulo de Kallari che non fosse cittadino dipisa.

Et ordiniamo che nulla persona possa essere eletto per consulo de Kallari che non sia citadino dipisa et sia sottoposto overo sia stato elli elo suo padre ale servigia reali epersonali alocomuno dipisa et che non abbia mino divaluta in suoi beni di liure MD. admino di denari pisani et altro tanto in entiega.

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Che nullo sia electo in consulo di Kallari che avesse facto galleta.

Et che nullo che per alcuno tempo avesse facto galleta overo negato quello daltrui unde si possa dicere overo usurieri piumbico nacculto operqualunque modo usano illicite mercantie et che non sia dibuna condisione et fama adlosoprascripto officio per niuno modo sia eletto et si fosse electo siane cacciato.

Questi sono liordinamenti facti ordinati et composti da ser Nero digontulino et ser Guidone Martello et ser Iohanni Griffo citadini et mercatanti pisani chiamati dalli discreti esavi homini. Raniere desancto Casciano et Bacciameo dimalglo consuli del porto di Kallari Correnti mo lianni Domini Millesimo Trecentesimo Vigesimo Indictione seconda adi quatordici di septembre (10).

In prima chello notaio debbia fare comandare atucti et ciascheduno padroni di Lengi pisani vengnenti alporto dibangnaia dicastello dicastro che jncontenente chelli arano naulegiato liloro lengni in qualunqua viaggio elli naulegiasseno farlo bandire per lo messo del porto contrebbe jn anti ad pena disoldi vinti daguilini.

In prima alla loggia del porto.

Allo cantone di ser Batto.

Alla ecclesia di sancta Maria.

Ealla traversa delli bonconti e delli gambacorta.

Equando viene abandire abbia lansegna delocomune dipisa epognala alla loggia overo altro quine uloro piu piace.

Eche indella dicta loggia sifaccia fare una mano di lengno atenere la dicta ansengna.

Eche sintenda difare fare bandire ongni legno da cinquanda pondi insuso.

Echello lomesso elli trombatori abbiano soldi tre.

Eche se alcuno lengno incominciasse acaricare inanti chello dicto bando mettere facesse sia condennato anuopo del porto soldi vinti daquilini.

Eche quando alcuno lengno dipisani venisse dalcuno viaggio tucti li lengni delporto debbiano levare Ansengna apena di soldi vinti dipisani.

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Questi sono liordinamenti facti et composti da Nieri de sancto casciano et Mone di Lamberto et Ceo delpattiere et Vanni Boccha et Piero Porcellino et Bacciameo di Bindacco et Iacobo de Angnello consiglieri del dicto porto raunati Indella corte del porto divoluntade et comandamento delli discreti esani homini messer Guidone Martello et Andrea Dorsello consuli del porto di Kallari. Corrente lianni Domini Millesimo Trecentesimo Vigesimo Indictione tertia adi diecepsete di gennaio (11).

Sopralfacto delli accimatori dicastello dicastro che ciascheduno accimatore dia dinansi anoi indella nostra corte buoni et idonei pagatori digualdare esalvare tucti lipanni che dati fusseno loro accimare debbiano dare.

E che ditucti panni nostrati. E intendanosi tra panni nosstrati panni pisanesschi fiorentini montulino perpignani carcasoni Nerbonesi et simiglianti aquesti che valgnano da soldi quaranta daguilini ingiuso per accimatura diciascheduna canna denari quatro daguilini. E sellaccimasse due volte infine jndenari sex per cannam.

Et per ciasscuna canna dipanno francessco edaltri panni che valglano da soldi quaranta daguilini insu lacanna per accimatura di ciascuna canna denari octo della soprascritta moneta. E sellaccimasse due volte denari dieci della soprascritta moneta ad pena disoldi cinque didenari pisani per ciascuna canna et per ciascuna volta.

Anco ordinono sopralfacto delli padroni delli lengni Chelli ditti padroni siano tenuti edebbiano accattare alle loro spese tante saccha quante loro bisongnano acaricare lograno ellorzo sulli dicti loro lengni.

Chelli dicti mercatanti elliautri che caricare volglano lograno ellorzo debbiano dare alli soprascritti padroni per salario delle ditte saccha per ciascuno cenetenaio discandella digrano ed orzo da Kalende Novembre infine a Kalende aprile soldo ono et denari tre daquilini.

E da Kalende aprile jn fine a Kalende Novembre soldo uno della soprascritta moneta.

Salvo excepto che selli dicti mercatanti volglano dare alli soprascritti padroni le soprascritte saccha acaricare loloro grano eorzo chello possano fare sensa alcuno pagamento.

Anco e ordinato che si chiamino ognanno due buoni homini sopra vedere lozaffarano se buono e sufficiente et non magagnato sipossa vendere lofficio delliquali duri et durare debbia uno anno. Eabbia catuno diloro dipresente di soldi vinti daguilini come consigliere.

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Li capituli del breve delli Castellani pertengente alli Consuli del porto di Kallari (12).

Del breve exemplato.

XLI. Hoc breve exemplato darabbo et dare faroe alli consuli delporto di Kallari jnfra die quindici quando quello aroe et ame lidicti consuli overo alcuno diloro melodomandrano alle expese del dicto porto.

 

Delli Consuli delli mercatanti.

XLII. E che darabbo la mia forsa alli consuli dellimercanti del porto di Kallari et aciasscheduno diloro tollere et ricolglere tucti bandi et pene lequale questi consuli overo alcuno diloro collo Consiglio delli consiglieri loro overo della maggiore parte diloro jnponessero per lo facto delli mercatanti overo per cagione di quelli mercatanti overo ad alcuno diloro liquali sono usati et funo et sarano mercatanti del dicto porto elli quali alloro per saramento sarano tenuti. Loquale bando et pena non monta somma di soldi Cento daquilini per ciascheduna volta. Ese alcuno mercatante loquale usato sara difare et operare mercantia. Indel dello castello Econtumace sara. Efare danegherae losaramento soprascripto alli consuli del dicto porto ad petitione delli detti consuli overo delluno di loro costringero lodenegante fare lo detto saramento alli consuli soprascritti. Altramente contra la sua voluntade nullo modo siano constretti laquale pena a chi contrafacesse tollere siccome a me parrae.

 

Delle pese et misure.

XLIII. E faro chelli consuli delli mercanti del porto di Kallari ciascheduno tre mesi una volta et pio alloro voluntade cercherano tucte mesure et pese le quale tennessero li mercatanti diquello castello. E se alcuno diloro trovero havere overo tenere falsa canna overo mesura overo pesa tollero arichiesta delli dicti consuli. Esensa jnchiesta possa chio losapero da soldi Cento jnfine in libre dice daquilini per ciasscheduna volta. Ese alcune del dicto porto recusasse alla singnoria delli dicti consuli indelle predicte cuse. Chelli castellani delle dicte cose siano tenuti et debbiano jnquisitione fare et condempnare sicome disopra sidice. Eche falsa pesa et false Canne et misure cusi trovare ronpere et fare ardere.

 

Delli consuli delli mercanti del porto di Kallari.

LXXIIII. Liconsuli del porto di Kallari et tucti liautri mercatanti indelle loro ragione et buone usanse manterroe et guardero et salvero et contra non verroe in alcuno modo che dire opensare sipotesse. E noi Castellani E Ansiani del dicto comune siamo tenuti per legame di saramento et apena dilibre XXV daquilini picciuli per ciasscheduno di noi tollere. Echiamare fare lisoprascritti Consuli overo l’uno diloro a tucti li consigli secreti et pubblichi liquali daquinci in anti jndel dicto castello si facesseno.

 

Delli consuli delli mercanti.

CLVIII. Elleragione ellihonori delli consuli delli mercatanti del porto di Kallari manterroe et osserveroe di buona fede sensa fraude siveramente che non sia contra la forma delbreve delli castellani.

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Innomine domini Amen. Questi sono li ordinamenti facti et composti dalli discreti et savi homini ser johanni dinoccho et ser johanni delgufo et ser Gualando diricuccho cittadini et mercanti dipisa chiamati dalli discreti et savi homini messer francesscho alliata et Puccio faulia consuli del porto di Kallari e dallo loro consiglio. Sopra fare et ordinare certi ordinamenti sopra lo facto del grano e dellorzo E sopra lo zaffarano (13).

In prima che conciossacosa che tralli padroni delli lengni elli mercatanti diloro nauleggiamento questione spesse volte ne solgnano nascere E acessare che lite ne questione tra loro non sia.

Ordiniamo che tucti lipadroni delli legni che tucte lepondate chelli nauleggerano et prometterano diportare allimercatanti overo ad altrui che tucte ledebbiano levare ad pena et bando di soldi vinti dipisani dare et pagare allo dicto mercatante che naulegiato lavesse Esoldi quinque dipisani per ogni pondo avuopo del porto.

Ello dicto mercatante per ogni pondo che non desse olassasse didare aldicto padrone pena et bando di soldi vinti dipisani darli et pagarli al dicto padrone per ogni pondo che nolli desse E soldi quinque dipisani per ongni pondo avuopo del porto. E pagate le soprascritte pene et bandi limercatanti et padroni sia libero luno dallautro ellautro dallautro.

E questi capituli et ordinamenti sin tendano delli lengni che si nauleggiano in questo porto per caricare quie.

Ancho che neuno mercatante luno allautro elautro allautro non possa ne debbia dare meno di starella cento digrano overo dorzo per magazeno. Etiandio alcuno mercatante overo altra persona non possa ne debbia dare ad alcuno padrone meno di starella cento di grano overo dorzo per magazeno Salvo che sella quantità fusse minore distarella cento digrano overo dorzo nauleggiato overo venduto quello meno sintenda chello mercatante possa ricevere ello padrone levare. E se alcuno contra queste cose facesse cului chellae a ricevere lopossa fare rechare indel suo magazeno alle spese di cului che dare lodevesse. E se cului che de dare lo dicto grano overo orzo non volesse dare le dicte spese et richiamo ne fusse paghi per pena da soldi diece infine insoldi vinti dipisani avuopo del porto avoluntade delli consuli et non pero dimeno paghi le dicte spese. Ancho conciosiacosa chelli mercatanti ellibottegari di questa terra riceveno grande inganno dello zaffarano che cisireca dicatalongna ordiniamo che due homini sichiamino perlisignori consuli elloro consiglio che tucto lozaffarano che cisivenderae si debbia provedere per li dicti duo homini equello che si troverrae buono si venda per buono et sia ferma la vendita altramente no. E che non sene possa pesare lasscha nessuna senza paraula delli dicti proveditori apena di soldi due didenari pisani per ciascuna libra pagare trallo venditore ello compratore.

E quale mercatante fusse trovato lozaffarano magagnato et non sofficiente nolla possa vendere apena disoli due didenari aquilini picciuli per ciascuna libra avuopo del porto.

E chelli banchi che ano bilancie ciasscheduno diloro debbiano pesare lozaffarano e lariento ongni due mesi enondimeno lautri banchi possano pesare lodicto zaffarano et ariento ma se questione nefusse trallo venditore ello comperatore sia dato fede allo banco diputato acciò lidicti due mesi.

E chelli consuli che ora sono et quelli che perlitempi fino sia tenuti et debbiano andare due volte almeno delloro officio alli signori castellani et ordinare si colloro che secretamente facciano cercare auno delli loro notari tucte le botteghe che zaffarano visivende sello zaffarano e buono e non magagnato. E fare bandire per castello dicastro che nullo zaffarano si possa ne vendere ne comperare ne pesare se prima none proveduto dalli dicti proveditori.

Aprovati et retificati tucti li soprascripti ordinamenti et ciascheduno diloro da messer piero cinquino Qualando diricuccho Vanni delgufo Guidone martello puccio diruggiere Bonaccorso dimichele Cecco dellavacca et Bindo Vaccarella consilliere del dicto porto raunati in della soprascripta corte per comandamento delli signori consuli Millesimo Trecentesimo Vigesimo primo jndictione quarta adi diciotto diferraio.

Lofficio delli soprascritti proveditori duri uno anno et abbia ciasscheduno diloro uno presente dellibeni delporto siccome quello delli consiglieri.

Ita continetur in ordinamentis pisani comunis (14). Et si contigerit quod deus avertat quod aliquis predictorum officialium percusserit alium officialem de predictis manu jnjuriose quod jncipiens percutere condannetur jnlibris centum denariorum pisanorum minutorum. Et etiam pendente suo officio a capitaneo pisani populi. Et si baculo vel alia re percusserit condennetur predicto modo in libris ducentis denariorum pisanorum. Et siferro percusserit suprascripto modo condennetur a libris trecentis usque jn libris quingentis denariorum pisanorum minutorum. Et si de predictis a predicto domino capitaneo non condennaretur possit et debeat jnde punire et condennari amodulatore pisani comunis jturo jnsardineam pro comuni pisano. Et consules portus de Kallari in continenti scribere dominis potestati Capitaneo et Anthianis pisani populi dictum primo percussorem et factum negotii veritatem quibus detur fides Et camerarii generales castelli castri teneantur et debeant scribere suprascriptis si casus emerserit de aliquo officialium castelli castri quibus etiam detur fides.

(15) Imperator Federigus cum magno honore coronavit parasonem judicem Alboree de tota Sardinea presentibus herrigo delcane et Benedicto consulibus et legatis pisanis.

Anno Domini MCLXV. Indictione XIIIa. VI.° Kalendas martij Imperator Federigus in Alamania. Uguiccioni consuli pisane civitatis pro pisana civitate totam insulam Sardinee jn feudum dedit et inde vexillum in eius manibus commisit.

Et eodem anno pisani consules qui in Sardinea cum exercitu erant milites et negotiatores janue cepere qui illuc contra pisanos venerunt in auxilium judicis Parazonis et totam Sardineam sub tributo et fidelitate posuerunt expulsis januensibus.

Sequenti vero anno MCLXVI. Parazon judex turritanus et petrus ejus filius judex callaritanus et judex de Galluri in parlamento facto pisis inburgo Sancti michelis juraverunt fidelitatem consulum pisanorum et terram pro comuni pisano in feudum tenere. Et libras sexmilia dare et censum librarum centum de auro Et falcones paria duodecim omni anno comuni pisano.

Anno Domini MCLXXV. jndictione VIIa. Gerinus judex et Amichus Vicecomes et socii consules pisani de mense may miserunt duas galeas in Sardinea cum duobus consulibus Paneporro videlicet et Carone et sapientibus pro ea recuperanda quia januenses partem Sardinee jnvaserunt et eam recuperaverunt judices omnes et sardi fidelitatem pisanis juraverunt.

Anno Domini MLXXXVIII. fecerunt pisani et januenses stolium in affrica et ceperunt duas civitates videlicet Alamandiam et Sibiliam indie sancti Sixti Et ex quibus civitatibus saracenis fere omnibus interfectis maximam predam auri et argenti paliorum et ferramentorum abstraxerunt de qua preda tesaurus maioris ecclesie pisane jn aversis ornamentis mirabiliter amplicaverunt et ecclesiam sancti Sixti in curte veteri edificaverunt.

Anno Domini MLXXXVIIII. populus pisanus jussu domini Urbani pape secundi cum navibus centum viginti ad liberandum Jerusalem de manibus paganorum profectus est quorum rettor et ductor Adimbertus pisanus venerabilis Archiepiscopus exstitit qui preterea jerusalemis factus patriarcha remansit et cepit lucantam et Cefaloniam. Et Mayda et laudoccia a Boemundo Gibellum cum ramundo comite Sancti egidij Jnde igitur digressi venerunt jerusalem et ceperunt eam anni MC.

Anno Domini MC. pisani fuerunt ad capiendum jerusalem civitatem et Cesaream et dextruxerunt civitatem chaife. Et postea fecerunt ad capiendum civitatem juri. Et in reversione stoli reperunt lucatam civitatem Grecie unde jmperator Caloiani dedit eis suam benedictione et donationem jn uno quoque anno sancte Marie pisane facere promisit atque firmavit.

Anno Domini MCXIIII. pisanus populus jn iussu domini pape Paschalis secundi processit maioricam cum CCC. Navibus et indie sancti Sixsti exivit fauce arni et prius ad ynsulam evisam applicantes ceperunt eam cum mangna saracenorum jnterfectione. Et et postea applicuerunt ad insulam maiorice quam per sex menses cum manganis et gactis et Castellis lingneis obsidentes eam cum triunfo mangno eandem ceperunt et multitudinem auri et argenti et vestium adduxerunt cum multis saracenis.

Anno Domini MCXXXVII. pridie jdus agusti Greci jmperatores constantinopuli nuntios pisas miserunt Ducentos palios de palatio et unum de auro textum mirabile qui altari dedicavit. Duo Auri et Argenti turribula pretiosissima. Anno Domini MCXXXVIII. pisani fecerunt exercitum supra Roggerium Regem Sicilie et Schalam maiorem tributariam fecerunt similiter Sorrenti eadem die Rivelli civitatem in monte positam vincerunt et eam devastaverunt ingne et succiderunt eos et ad mare duxerunt jn hiis tribus diebus. Malfi Traini Civitates Schale Schabelle et fratte Roccha et Pugerole et totum ducatum malfetanorum subtributo posuerunt et inde habuerunt pisani pandettam et tenuerunt Neapolim per VII annos.

NOTE

(1) L’originale di questo Breve era posseduto (e forse lo possiede ancora) dalla famiglia Roncioni di Pisa. Nel 1838 il dotto professore Cav. Francesco Bonaini ne fece una copia esattissima, la quale si conserva nei Regii Archivi di Torino, col titolo = Breve Portus Kallaretani. Ex Autographo in Tabulario Equitis Francisci Roncioni Pisis Abservato Eruit Franciscus Bonainus in Pisana Academia Antecessor. Dalla medesima io trassi nel 1839 la copia, che or mando in luce. – Questo stesso Breve, nell’intervallo da detto anno 1839 al presente 1845, è stato pubblicato dal Pardessus nel Tom. V. della sua Collection de Lois maritimes antérieures au XVIII siècle. Ma l’esemplare, di cui egli fece la riproduzione, oltre di essere poco diligente e corretto, è anche incompleto, come si noterà a suo luogo.

(2) Questa nota istorica, e l’Indice delle rubriche che la precede, mancano nel Breve pubblicato dal Pardessus.

(3) Ossia al Castellano, il quale ne avesse la custodia, e il governo per il Comune di Pisa. Ordinariamente erano due i Castellani del Castello di Castro (Cagliari), e duravano in carica un solo anno. Uno dei medesimi dovea essere uomo di legge per definire le questioni civili; l’altro era preposto alla custodia della fortezza, e delle armi; ed entrambi aveano giurisdizione collettiva per punire le ingiurie, e le offese, che si facessero ai pisani domiciliati, o dimoranti in Cagliari. Nel 1314 (1315 stil. pis.) Pietro di Buccio da Cortona, eletto dagli anziani di Pisa Riformatore, e Inquisitore del regno di Sardegna, ebbe incarico, e facoltà di sindacare, fra gli altri, Castellanos et Iudices Castelli, seu Castri, Vicarium, seu Vicarios Regni Kallaritani. (Ved. sopr. Cart. n.° VI. pag. 506.). Sappiamo, che in quell’anno i Castellani erano Mersis da Vigo giurisperito, e Bonattutto Buidrone, cittadini pisani; e che nel seguente anno 1315 (1316 stil. pis.) lo era Nicolò Leulo, sapiens vir, et iurisperitus, cioè ricavandosi dalle due iscrizioni latine, incise su lapidi marmoree fatte infiggere dal Comune di Pisa nella facciata della chiesa cattedrale di Cagliari, onde perpetuare la memoria dell’espugnazione di Lucca, e della vittoria di Montecatini in val di Nievole ottenuta dai pisani sotto la condotta del loro signore Uguccione della Faggiola. Dette iscrizioni esistevano al tempo dell’istorico Fara, il quale le riporta per intero nel Libro terzo De Rebus Sardois (pag. 254 e 255); e sono del tenore seguente. – I.aAnno domini 1315, indictione duodecima, die 4 mensis iunii, divina providentia praecedente, Pisana civitas, versus civitatem Lucanam praeliando, viriliter expugnavit, et infrascriptum lapidem, sic sculptum, de palatio civitatis Lucanae fecit Pisana civitas elevari, ipsumque ad Castellum Castri, ad futuram rei memoriam, destinari; et tempore dominorum Nersie de Vigo iurisperiti, Bonettutae Buidronis Pisanorum civium castellanorum praefati Castri, pro comuni Pisano, fuit cum gaudio hic infixus, ut auspicientibus memoria praebeatur, ac etiam ut animus Pisani comunis semper crescat, et audacia inimicorum ipsius perpetuo compessatur. – II.aAnno 1316, decimo octavo augusti, domino Ugatio de Fagiola Pisanae civitati praesidente, comune Pisanorum cum esset in obsidione castri Montis-Cateri Lucani districtus, cum suo exercitu trium millium equitum et triginta millium peditum; et princeps de Taranto, et Petrus Tempesta fratres regis Roberti, et Carolus eiusdem principis filius, congregato eorum exercitu militum, ac peditum Florentinorum, Senensium, Regniculorum et omnium  Italorum Guelphorum, qui quatuor mille equites et quinquaginta millia peditum censebantur, venissent ad dictas partes pro munitione castri; inito hinc inde praelio, eosque eorumque exercitum, posuit viriliter in conflictum, in planitie Bugrani, secum rivum Vallis Nebulae; in quo conflictu, de gente Guelphorum, fuerunt gladio perempti ultra viginti millia peditum, capti vero fuerunt ultra tria millia. Gens autem Pisana tota quasi fuit incolumis; et illa die castrum Montis-Cateri, et plura alia castra partium inimicorum fuere in fortia Pisani comunis, de qua victoria Deo excelso, eiusque matri Beatae Virgini gratias referimus. Hic quidem lapis positus est tempore sapientis viri Nicolai Leulj iurisperiti castellani castelli Castri pro republica Pisana, eodem anni, de mense octobris. – Nel 1311 (1312 stil. pis.) i Castellani del castello di Cagliari si addimandavano Bernardo Guitto, e Michele Esclavano, come si rileva dalla iscrizione riportata nel capo XXII seguente. Ignoriamo i nomi degli altri Castellani, anteriori al 1311, e posteriori al 1315.

(4) L’opera della Chiesa, di cui si parla nel presente capitolo, fu cominciata nel 1311 (1312 stil. pis.). Ne fa fede la iscrizione che si leggeva in una lapide esistente nello spirare del passato secolo (non sappiamo se vi esista ancora) tra il coro, e la sagrestia della Chiesa medesima, la quale diceva:

Castello Castri contexit

Virgini matri direxit

Me templum istud invexit

Civitas pisana.

Anno currente milleno

Protinus, et tercenteno

additoque duodeno

Incarnationis

redemptionis Iesu Christi.

Dominus Bernardus Guicti

Michael Esclavani dicti

Erant Castellani.

Ille qui creavit mundum

Reddat iugiter iocundum

Comuni Pisarum. Amen.

Un’altra iscrizione già esistente nella stessa Chiesa ricordava il nome dell’artefice, e il tempo, e la spesa impiegata per costruirla. Era del tenore seguente:

Hoc Guillelmus opus praestantior

arte modernis quatuor annorum

spatio sed donis centum decies

sex mille duobus.

(5) La tariffa dei dritti, che i sensali erano autorizzati a riscuotere, la quale fa seguito a questo capo LV, e ne costituisce il sostanziale complemento, manca nel Breve pubblicato dal Pardessus.

(6) Qui finisce il testo del Breve pubblicato dal Pardessus. Ora noi mandiamo in luce tutto il resto dello stesso Breve, che ne forma il complemento, ed è di non poca importanza.

(7) Confrontando questa nota coll’altra precedente, che si legge dopo l’indice delle rubriche (Ved. sopr. pag. 614. 615), si viene a sapere che il presente Breve fu fatto e ordinato da Messer Nero di Gontulino, e Messer Bindo Faccha, consoli del porto di Cagliari; che nel febbraio del 1318 (stil. pis. corrispondente al 1317) fu corretto, ed emendato da ser Cellino del Colle, ser Pellaio della Sita, ser Guidone da Faulga, e ser Bacciameo di Malglo; e che poi fu nuovamente corretto, ed emendato nel 15 aprile 1319 (stil. pis. corrisp. al 1318) da ser Ligo di Masseo, ser Donato Sechamerenda, e ser Guido del Tignoso, essendo presente in Pisa ser Betto Agliata console del porto di Cagliari.

(8) Da questa nota relativa al capitolo unico che la precede, si rileva, che il medesimo fu un’aggiunta fatta al cap. XXXV di questo Breve, (non già al XLV che per errore è notato nel proemio, poiché il cap. XLV non riguarda i consoli, ma i sensali); che tale aggiunta fu mandata ai consoli del porto di Cagliari nel 6 settembre 1330 (stil. pis. corrisp. al 1319) da Guidone Faulia console dei mercanti di detto porto, che allora trovavasi in Pisa; e che fu pubblicata da Gaddo notaio di Faggiano, segretario dei consoli dei mercanti portus de Kallari, i quali abitavano nel castello di Castro.

(9) Da questo proemio non si ricava in quale anno siano stati ordinati, e pubblicati li tre capitoli seguenti, che trattano del modo di eleggere i Consoli del Castello di Castro, delle qualità, e condizioni principali degli eligendi, e di alcuni motivi speciali di esclusione da tale uffizio. Sembra però, che non siano anteriori al 1318, né posteriori al 1319, e che perciò si debbano riferire a uno di questi due anni.

(10) Quest’ordinamento, relativo alla pubblicazione dei noleggi, fatto nel 14 settembre 1320 (stil. pis.) da ser Nero di Gontulino, ser Guidone Martello, e ser Giovanni Griffo, mercatanti e cittadini pisani, per incarico avutone da Ranieri di san Cassiano, e Bacciameo di Malglo, consoli del porto di Cagliari, è stato trasposto dallo scrittore del Breve, poiché per ordine di data dovrebbe seguire, non  precedere i capitoli, che si vedono scritti appresso, i qualo furono fatti e pubblicati nel 17 gennaio di detto anno 1320 da Guidone Martello, e Andrea d’Orsello, consoli dello stesso porto, col consiglio di Neri da san Cassiano, Mone di Lamberto, Ceo del Pattiere, Vanni Boccha, Piero Porcellino, Bacciameo di Bindacco, e Giacopo di Angnello, e riguardano specialmente i panni, e gli accimatori, il grano, l’orzo, e lo zafferano, che fossero caricati nel porto di Cagliari.

(11) Ved. la nota precedente.

(12) Vi era adunque al tempo, in cui fu pubblicato, e messo in vigore il presente Breve del porto, un altro Breve, o Codice di statuti pe’ Castellani di Cagliari, dal quale si dicono estratti li capitoli, che si leggono qui appresso.

(13) Da questo proemio si rileva, che i seguenti capitoli, riguardanti il commercio, e la esportazione dall’isola del grano, dell’orzo, e dello zafferano, furono fatti, e ordinati da ser Giovanni di Noccho, ser Giovanni del Gufo, e ser Giovanni di Ricuccho, mercanti e cittadini pisani, per incarico avutone da Francesco Alliata, e Puccio Faulia consoli del porto di Cagliari. E la nota posta in fine degli stessi capitoli ci fa sapere, che i medesimi furono approvati, e rettificati nel 18 febbraio 1321 (stil. pis.) da messer Piero Cinquino, Gualando di Ricuccho, Vanni del Gufo, Guidone Martello, Puccio di Ruggiere, Bonaccorso di Michele, Cecco della Vaccha, e Bindo Vaccarrella consiglieri dello stesso porto di Cagliari. L’ultimo capitolo, che tratta dei provveditori dello zafferano, e della loro durata in ufficio, sembra essere stato aggiunto posteriormente.

(14) Il capitolo, che segue, estratto, o esemplato dal Codice degli Statuti pisani, sembra essere stato riportato nel presente Breve, perché ne fosse imposta la osservanza anche agli officiali del castello, e del porto di Cagliari.

(15) I ricordi istorici, estranei al presente Breve, che si leggono da questo luogo in appresso, furono scritti, o dallo stesso esemplatore del Breve, o da qualcheduno dei possessori del Codice autografo. Bisogna per altro notare, a rettificazione delle notizie istoriche riguardanti la Sardegna, che Parasone Giudice di Torres, e Pietro Giudice di Cagliari erano fratelli; e figli entrambi di Gonnario II re di Torres. (Ved. Tola, Dizion. Biogr. dei Sardi Ill. Vol. I. pag. 116 e 117, Vol. II pag. 144. 145. 146. 147. 148, e Vol. III. pag. 61. 62. 63).