Repertorio informatizzato delle fonti documentarie e letterarie della Sardegna

Repertorio informatizzato delle fonti documentarie e letterarie della Sardegna

Il Condaghe di Santa Maria di Bonarcado [21]

1Ego Gregorius, priore de Bonarcadu, fazo recordatione de kertu, ke fegi megu Guantine Marki. Kertai megu narrando: «kerto cun su priore pro ·XXX· porcos, ke prestait patre miu a sancta Maria in su tempus de donnu Domesticus, ki li me torraret». 2Et ego narreilli: «Patre tuo serbu de sancta Maria de Bonarcadu fuit et bindiki annos stetit in Lugudore et perdit su serbizu de sa domo de sancta Maria ke li ditava de serbire; et pro custu serbizu ke perdit, li levait kustos porcos pro ke kertas como». ||[c.13v] 3Precontait donnu Barusone Spanu, ki arreea sa corona sutta iudike de Gallure, potestando ipse tando sa terra d’Arbaree pro iustitia, si erat in potestade de su donnu levare de su fatu de su serbu. 4Acordarunsi sus homines de corona ka erat razone, kando plakiat a su donnu, et in tortu et in diretu, levare de sa causa de su serbu et usadu de sa terra d’Arbaree erat. 5Remansitsinde Guantine Marki pro vinkidu. 6Spiatu custu kertu, kerfit Gunnari Ienna raizone de sa gama de iudike a Guantine Marki, k’aviat apita a maiore; minimait, ke non potuit razone torrare si co li kereat ipse. 7Levarunilli sas causas suas cun sa causa de iudike et boleant tenne·illu per sa persona. 8Jetaitse Guantine Marki a pede a su priore et pregaitimi ki ego lu basare a iudike et ego pregai a iudike et a sos curatores; et ipsi pro Deus et pro sancta Maria et pro amore meu li perdonarun onnia kantu|| [c.14r] li kereant. 9Bennit Guantine Marki a s’altare de sancto Zeno et iurait supra s’altare et supra sa + [cruke] da inde inanti serbire ipse et fiios suos pro serbos a sancta Maria de Bonarcadu usque in sempiternum. 10Et perdonai su kertu k’aviat fatu megu pro sos porcos; si peruna razone ipse k’aviat, pro se et pro kalunka persona, razone ke bolesse dimandare: ipse pro tuti aviat kertadu et pro tuti perdonai. 11Testes: donnu Johanne Santesu, donnu Martinu Meo, donnu Petru Orsa, donnu Barusone Spanu curadore de Nurabulia, Comita de Serra Pistore kerkidore maiore, Gunnari Ienna, curadore de parte Miili, Gomita Pira, Guantine de Porta, Iohanne Vulpia, Gunnari de Zuri de sanctu Eru de Simmakis.

 

21 La scheda è riprodotta alla scheda n. 219.
21.1  Fegi] Si tratta ovviamente di pf. 3a (fegit); non emendo perché la caduta della t finale si pu  spiegare facilmente attraverso l’ovvio fenomeno dell’assimilazione, come nell’intero nostro testo si riscontra più volte e come è pure nella fonetica del sardo moderno; alla scheda n. 219 che riproduce la presente, si legge, nel luogo corrispondente, fegit. Tuttavia va notato che in questa scheda è spesso resa senza la -t la 3a pers. sing., mentre presenta la -t finale la 1a pers. sing., come si pu  vedere qui sotto.
Kertai] pf. 3a; vedi qui sopra; la scheda n. 219 riporta kertait.
narrando] narrado.

ki li me torraret] la lezione appare alquanto abnorme sia perché presenta il pronome atono li anziché un più atteso los/lus in funzione di accusativo plurale maschile, sia perché la sequenza pron. 3a + pron. di 1a è contro la norma generale del sardo e di questo testo; alla scheda n. 219, che riproduce la presente, si legge in effetti ki millos torraret. Si tratta assai probabilmente di un errore di copia o di scrittura sotto dettatura, forse influenzata dall’italiano (li per los), questa scheda presenta infatti una scrittura tuti per un più atteso totos, e un sospetto ipsi: cfr. sotto alla nota 21.8; le lezioni tuti e ipsi sono probabilmente già proprie dell’originale o dell’archetipo, dato che le ritroviamo anche al passo corrispondente di 219. Preferisco comunque lasciare inalterata la lezione del manoscritto.
21.2 annos] annos.

levait] non emendo in levai (ind. pr. 1a), come ero tentato in un primo momento, in quanto la voce verbale non si riferisce al priore attuale che stende la memoria, ma al precedente, o comunque all’istituzione monastica; anche nella scheda n. 219, nel punto corrispondente si legge levait. ke li] ke è stato riscritto ricalcato. ke perdit] ke per è stato riscritto ricalcato.
kustos porcos] kustos porcos; il Besta legge kedda da porcos; la lettura è in realtà difficoltosa, ma l’ausilio della lampada UV fa leggere chiaramente quanto portato a testo, inoltre il confronto con la scheda n. 219 conferma tale lettura.
pro ke kertas como] è stato riscritto ricalcato.
21.3 donnu Barusone Spanu […] potestando ipse tando sa terra d’Arbaree]. Interessante è la menzione del fatto che il giudicato d’Arborea sia governato dal sovrano di Gallura (Barusone infatti, si dice, arreea sa corona sutta iudike de Gallure potestando ipse tando sa terra d’Arbaree pro iustitia). Questo giudice di Gallura dovrebbe essere Costantino Spanu di Gallura, giudice di fatto in Arborea (e parrebbe anche in Gallura, dopo che fu quivi spodestato il giudice Barisone negli anni compresi fra il 1182 e il 1184, cfr. DI.STO.SA., s.v. Barisone, re di Gallura), nel travagliato periodo che vide in lotta per il trono Pietro I e Ugo I di Bas, e che successivamente vide il loro governare in condominio, la sconfitta del giudicato e la sua invasione da parte di Guglielmo I-Salusio IV di Càlari, la distruzione della cattedrale di Oristano e la prigionia dello stesso giudice Pietro I; fatti questi che portarono, pare, Costantino Spanu di Gallura ad essere giudice de factu in Arborea (con la cui casa regnante dei LaconSerra egli era imparentato per via matrimoniale), forse negli anni intorno al 1199. Quanto al donnu Barusone Spanu che qui troviamo a capo della corona, mi chiedo se questi sia lo spodestato re di Gallura che sappiamo aver riparato in Arborea dopo la deposizione ed esser qui curatore della curatoria di Milis, entro cui ricadeva Bonarcado (cfr. DI.STO.SA, s.v. Barisone, re di Gallura). Sarebbe suggestivo, ma tale deposto giudice Barusone non era uno Spanu, bensì un Lacon-Gunale, e sarebbe strano che il giudice di fatto, Costantino, che è uno Spanu, abbia, come suo rappresentante e curatore, un esponente della famiglia a lui avversa dei Lacon-Gunale; si potrebbe semmai pensare che detto Costantino abbia portato con sé un suo parente e lo abbia investito di tale carica. Siamo, ovviamente, nel campo delle ipotesi, ma è comunque interessante – e lascia pensare – il fatto che il capo della corona (ossia dell’assise giudicante), e cioè il nostro Barusone Spanu, domandi lumi sul diritto arborense (precontait […] si erat in potestade de su donnu levare de su fatu de su serbu; si tratta con tutta probabilità di diritto consuetudinario: gli uomini della corona rispondono infatti che usadu de sa terra d’Arbaree erat), quasi non fosse del tutto al corrente della giurisdizione di questo giudicato, in quanto ‘straniero’; certo pu  ben trattarsi, e la cosa è nota ad altri luoghi del nostro stesso condaghe, di un ovvio consulto del capo dell’assise con gli uomini della corona che egli presiede: tuttavia il dubbio rimane; e vorrei ricordare che la scheda n.122 cita fra i testimoni un iudice Barusone de Gallulu curadore de parte de Miili (122.7): insomma pu  ben essere che Costantino Spanu abbia già trovato in Arborea, assumendovi il governo de factu, il nostro Barusone spodestato e qui riparato; e bisogna poi star ben attenti ai cognomi nella Sardegna medievale (e non solo), in quanto una persona poteva assommaare su di sé tanto il cognome paterno, quanto quello materno.
pro iustitia] resta arduo interpretare esattamente e in maniera giuridicamente cogente questa espressione in tale contesto. Se il giudice di Gallura qui citato è il Costantino Spanu di cui s’è detto alla nota precedente (e nell’Introduzione), che cosa significa qui esattamente che egli ‘potestava’ il giudicato d’Arborea pro iustitia? L’espressione significa che egli governava de factu e non de iure? Che governava de factu perché ci imponeva la giustizia: in una situazione assai intricata e segnata dall’ ‘ingiustizia’ dell’invasore Guglielmo I-Salusio IV di Càlari? Questi infatti, preso prigioniero il legittimo sovrano Pietro I, si era fatto incoronare dal clero d’Arborea quale sovrano di quel giudicato, ma senza l’approvazione della Sede Apostolica, ci  che suscit  le ire del’arcivescovo arborense Giusto il quale, fatto prigioniero anche lui, si appell  poi al Pontefice Innocenzo III; pertanto in assenza (perché prigioniero) del sovrano legittimo, pur condomino, si sarebbe, ‘per giustizia’, con una sentenza, dato il potere regale (e sempre in condominio) a un giudice de factu, e cioè a Costantino Spanu di Gallura. Ma forse potremmo ipotizzare (giusto azzardare l’ipotesi, dico, perché la cosa avrebbe necessità di approfonditi riscontri storico-giuridici) che, in una situazione di condivisione in ‘condominiodel potere regale fra due sovrani (nel caso in questione Pietro I – ora per , s’è appena detto, prigioniero e al cui posto sta il giudice di fatto Costantino di Gallura – da un lato, e Ugo I di Bas dall’altro), vi sarebbe stata la spartizione delle sfere e degli ambiti di ‘potestà’ fra i due cond mini, per cui l’espressione potestare pro iustitia, in tale ipotesi che arrischio, significherebbe che l’esercizio e l’amministrazione della giustizia è assegnata a uno dei due regnanti. arrreea] areea.

levare] levaret. Emendo pur fra qualche dubbio, in quanto nel sardo è possibile l’uso dell’imperfetto congiuntivo (o di infinito personale coniugato) in frasi di tipo implicito; mi decido ad emendare perché la scheda n. 219 riporta levare. Gunnari Ienna] come si evince dalla lista dei testimoni qui sotto, Gunnari Ienna è curadore de parte Miili, e quindi rappresentante del giudice.
21.6 k’aviat] ka aviat. Mi pare evidente l’aplografia, il significato è certo quello di un pronome relativo e non di una congiunzione causale.
21.7 sas causas suas] sas causas suas.

per sa] persa persa.
21.8 basare] basaret. La scheda n. 219 riporta basare.
pregai] pregait. L’emendamento si impone da sé; in 219 si legge pregai.
ipsi] pu  trattarsi di un singolare, variante meridionale di ipse, concordato a senso con il plurale perdonarun, il quale si riferirebbe allora al giudice e alla corona da lui retta comprendendo magari anche il priore; oppure potrebbe trattarsi di un italianismo morfologico per ipsos, come potrebbe pure ipotizzarsi dal fatto che più avanti troviamo, per due volte, tuti (anche in 219) per un sardo totos e, a 21.1 li (per un più atteso los/lus): cfr nota 21.1. Tale soluzione mi pare la più probabile, visto che appena precedentemente è detto et ego pregai a iudike et a sos curatores i quali appunto, iudike e curatores, perdonano.
21.9 +] sta ovviamente per cruche o ruche, o simili.
suos pro serbos] suos pro serbos.

21.10 perdonai] perdonait. Emendo, sia pure fra qualche dubbio: se di terza persona verbale si trattasse davvero, essa dovrebbe riferirsi al giudice, ma si è visto appena sopra che quest’ultimo e i curatores avevano già perdonato Guantine: un perdonait costituirebbe dunque una ridondanza; e d’altronde ci  che si perdona è il kertu k’aviat fatu megu: il priore rinuncia insomma a chiedere soddisfazione di una causa mossagli senza fondamento. Segnalo, comunque, che anche nella scheda n. 219 si legge, nel passo corrispondente, perdonait.
megu] meegu; emendo anche sulla base del punto corrispondente della scheda n. 219, dove si legge appunto megu. porcos] porcos.
si peruna razone ipse k’aviat pro se et pro kalunka persona razone ke bolesse dimandare: ipse pro tuti aviat kertadu et pro tuti perdonai] si […] perdonait. Tutta la frase non pu  certo dirsi perspicua anche per la sintassi visibilmente contorta; intenderei che il priore perdona a Guantine Marki il fatto di avergli mosso causa senza ragione, rinunciando dunque a chiedere a lui soddisfazione: pertanto se lo stesso Guantine, per se stesso o per altre persone, volesse chieder conto al monastero (ma intenderei meglio, dato il pro tuti aviat kertadu et pro tuti perdonai, che il priore pensi a terze persone (vicine a Guantine Marki o con lui coinvolte) che volessero eventualmente muover lite (chieder conto) al monastero sulla stessa questione), egli Guantine per tutti aveva mosso il kertu e per tutti (io, priore Gregorio) perdonai: emendo infatti la 3a del perfetto perdonait del manoscritto nella 1a perdonai, che riprende il di poco precedente Et perdonai su kertu k’aviat fatu megu (che presenta anch’esso un errore di 3a per 1a, più facilmente e perspicuamente emendabile): come s’è visto gli scambi di prima e terza persona sono alquanto frequenti in questa scheda. Insomma il priore, in un medesimo atto di clemenza, da un lato condona anticipatamente anche ad altri (eventualmente) coinvolti nella faccenda, ma allo stesso tempo, velatamente o indirettamente, intima a costoro di non muover lite. Resterebbe infine la curiosità, almeno, di sapere chi possa essere la kalunka persona che potrebbe chieder conto: i figli di Guantine Marki, che, insieme al padre, si rendono servi a Bonarcado? E per quale motivo? Anch’essi hanno forse da render conto del bestiame del monastero? Se così fosse non si sfugge quanto meno al sospetto che questo di cui qui si tratta, sia un processo, un kertu fittizio, o se non altro pilotato dalle due parti, Guantine Marki e il priore (o magari dalle tre includendovi anche Gunnari Ienna o comunque l’amministrazione giudicale): e ci  affinché Guantine Marki e i suoi figli potessero essere riammessi al servizio di Santa Maria di Bonarcado, servizio da costoro tutti perduto a causa del padre di Guantine che, servo anch’egli del monastero, aveva perduto tale servizio, per averlo abbandonato, come riferito da 21.2: resterebbe infatti difficile altrimenti pensare che un personaggio in posizione di debolezza quale Guantine Marki, che aveva pure conti in sospeso con la giustizia giudicale, si mettesse a muover causa contro un ente dal potere quale quello del monastero bonarcadese, risvegliando per di più l’orecchio sopito della giustizia giudicale. kertadu] con t riscritto e di segno più grosso.
21.11 Meo] me con titulus sopra la e al che segue un segno, un piccolo circoletto in basso che non so se interpretare come segno di interpunzione che separa, in questa scheda, i nominativi dei testimoni, o se si tratta di una o mal riuscita; il Besta legge Meu; sta di fato che nel punto corrispondente della scheda n. 219 (che riproduce la presente) mi pare di poter leggere, sia pure con difficoltà zeno; nella difficoltà lascio la diversità delle due occorrenze, limitandomi a segnalare.
Gunnari de Zuri] nella scheda n. 219, al punto corrispondente, si legge Gunnari de Zori.